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(Anteprima) LE FATICHE DI APOLLO - La Torre di Nerone, [Rick Riordan] [Traduzione Ita]

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TOA-TON


LE FATICHE DI APOLLO
- La Torre di Nerone -

TRADUZIONE AMATORIALE
da Tower of Nero di Rick Riordan



A Becky, sappi che
ogni viaggio mi riporta a casa da te.




- 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 -
- 07 - 08 - 09 - 10 - 11 - 12 -
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- 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 -
- 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 -
- 37 - 38 - 39 -



"Alla fine, dopo tutte le varie tragedie,
avevamo trionfato contro due dei malvagi
imperatori che componevano il Triumvirato,
Commodo e Caligola, al Campo Giove.
Ma il peggio doveva ancora arrivare."


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Edited by Pandora_Key - 28/10/2020, 22:31

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LE FATICHE DI APOLLO


La Torre di Nerone


(Rick Riordan)


1.
Due teste di serpente,
disturbano il mio cammino,
e le scarpe di Meg puzzano


QUANDO SI VIAGGIA VERSO WASHINGTON, DC, ci si può aspettare di vedere alcune serpi in giacca e cravatta. Eppure, rimasi veramente sorpreso quando un boa constrictor a due teste è salito sul nostro treno alla fermata della Union Station.
La creatura indossava un completo da lavoro di seta blu, avvolgendo il proprio corpo in modo tale da riempire sia le maniche ché le gambe dei pantaloni per poter passare il più possibile per un essere umano. Dal colletto della camicia spuntavano due teste gemelle. Il mostro si muoveva con notevole grazia, considerando la sua sistemazione, prendendo posto all'estremità opposta della carrozza dove eravamo seduti, rivolto verso la nostra direzione.
Gli altri passeggeri lo ignorarono. Non vi era dubbio che la Foschia ne camuffasse la percezione, facendolo apparire come un comune essere umano. Il serpente si comportò in maniera discreta, senza alzare lo sguardo su di noi. Per quanto ne potessi sapere, poteva anche essere un semplice mostro lavoratore che se ne stava tornando a casa. Eppure non potei fare a meno di sentirmi inquietato...
Sussurrai a Meg, "Non vorrei allarmarti, ma—"
"Shh," mi intimò lei.
Meg prendeva la regola di viaggiare in silenzio davvero molto seriamente. Da quando eravamo saliti, la maggior parte del rumore era stato caratterizzato dai suoi versi per zittirmi ogni volta che osavo parlare, o schiarirmi la gola.
"Ma c'è un mostro," insistei.
Lei sollevò lo sguardo dalla rivista che stava leggendo, incarnando un sopracciglio sopra alla montatura dei suoi occhiali ad occhi di gatto. Dove?
Indicai il punto dove si trovava la creatura con un cenno del mento. Dal momento che il treno era già ripartito, le teste del mostro erano rivolte al finestrino per godersi il panorama. La sua testa destra aveva allungato la lingua verso una bottiglia d'acqua che teneva stretta con la parte del corpo che doveva apparire essere una mano.
"È un amphisbaena," sussurrai, poi aggiungendo, "un serpente che ha su entrambe le estremità due teste."
Meg aggrottò la fronte, si strinse nelle spalle, poi tornò a leggere.
Cercai di scacciare la sensazione di urgenza di doverne parlare. Più che altro perché non volevo venire zittito di nuovo.
Non potevo biasimare la volontà di Meg di passare un viaggio tranquillo. Nelle settimane precedenti, avevamo combattuto contro dei centauri selvaggi nel Kansas, ci eravamo scontrati contro degli spiriti rabbiosi a Spirngfiled, nel Missouri, ed eravamo stati inseguiti da un paio di dragoni blu nel Kentucky. Dopo tutto questo, un serpente con due teste in un completo non avrebbe dovuto allarmarci. Soprattutto per il fatto che non sembrava essere intenzionato ad infastidirci al momento.
Cercai di rilassarmi.
Meg riportò l'attenzione sulla sua rivista, catturata da un articolo sul giardinaggio urbano. La mia giovane compagna si era fatta più alta nel corso dei mesi in cui l'avevo conosciuta, eppure si ostinava a tenere le sue scarpe rosse sopra al sedile di fronte a lei. Di certo così stava comoda, ma non era lo stesso per me o per gli altri passeggeri. Meg non si era cambiata le scarpe dal nostro primo incontro, e dopo tutte quelle corse ed il sudare, avevano cominciato a puzzare come il prodotto espulso dal lato posteriore di un cavallo.
Almeno, si era cambiata il vestito verde, in favore di dei jeans e una maglietta verde che aveva acquistato in una bottega al Campo Giove. I suoi capelli alla maschietta avevano iniziato a crescere e le contornavano il viso fino al mento, così da non farla più sembrare come una scappata-di-casa. Iniziava ad avere un aspetto coerente con la sua età: una dodicenne che stava per entrare nel girone dell'inferno comunemente conosciuto come "pubertà".
Non avevo condiviso quella mia osservazione con Meg. In parte, perché dovevo già preoccuparmi per la mia di acne; e in parte, perché come mia padrona, Meg avrebbe potuto letteralmente ordinarmi di lanciarmi fuori dal finestrino e io sarei stato obbligato ad ubbidirle.
Il treno attraversò i sobborghi di Washington. La luce del sole del tardo pomeriggio tremolò tra gli edifici come la lampadina di un vecchio proiettore cinematografico.
Era uno dei momenti della giornata che preferivo, il momento in cui un dio del sole avrebbe dovuto concludere il suo lavoro, tornando verso le vecchie scuderie per parcheggiare il suo carro, e per poi tornare fino al suo palazzo con un calice di nettare pieno, alcune dozzine di ninfe adoranti e una nuova stagione di "The Real Goddesses of Olympus" da guardare senza sosta.
Ma non era più così per me. Ora me ne dovevo stare su uno scricchiolante sedile di un treno per ore a convivere con le puzzolenti scarpe di Meg.
Dall'opposto lato della carrozza, l'amphisbaena continuava a parere tranquilla ed immobile... sempre che il suo gesto di bere acqua non fosse un velato atto di aggressione.
Eppure, come mai avevo i brividi?
Non riuscii a regolare il mio respiro. Mi sentivo bloccato nel mio posto, vicino al finestrino. Forse ero solo nervoso per ciò che ci avrebbe attesi a New York. Dopo sei mesi di miserabile vita da mortale, mi stavo avvicinando sempre più alla fine dei giochi.
Io e Meg ci eravamo fatti strada attraverso gli Stati Uniti per poi tornare indietro. Avevamo liberato antichi oracoli, sconfitto legioni di mostri, e sofferto orrori inenarrabili a causa del sistema di trasporto pubblico americano.
Alla fine, dopo tutte le varie tragedie, avevamo trionfato contro due dei malvagi imperatori che componevano il Triumvirato, Commodo e Caligola, al Campo Giove.
Ma il peggio doveva ancora arrivare.
Stavamo tornando dove erano iniziati tutti i nostri guai: Manhattan, la vase di Nerone Claudius Cesare, il violento patrigno di Meg. Anche se in qualche modo fossimo riusciti a sconfiggerlo, una minaccia ancora più potente si celava nei retroscena: il mio arcinemico Pitone, che si è nel frattempo si è accomodato nella caverna del mio sacro Oracolo di Delfi, prendendola come fosse un b&b a tariffa ridotta.
Nei giorni a seguire, sarei dovuto riuscire a sconfiggere questi nemici e tornare ad essere di nuovo il dio Apollo (supponendo che mio padre Zeus lo permettesse) o sarei morto nel tentativo di farlo. In un modo o nell'altro, il mio tempo come Lester Papadopoulos stava volgendo al termine.
Forse non era un mistero il motivo per cui mi sentivo così agitato.
Cercai di concentrarmi su quel bellissimo tramonto. Cercai di non ossessionarmi sulla mia lista-delle-cose-da-fare impossibile da portare a termine o sul serpente a due teste.
Avevo percorso tutta la strada da Philadelphia riuscendo a non finire in nessun crollo nervoso. Ma non appena giungemmo alla Stazione della Tredicesima strada, due cose mi furono chiare: 1) l'amphisbaena non aveva intenzione di scendere dal treno, il che voleva dire che molto probabilmente non era un normale pendolare, e 2) il mio senso per il pericolo era più in allarme che mai.
Mi sentii perseguitato. Avevo il corpo percorso da brividi.
Mi arrischiai a lanciare un'occhiata all'amphisbaena e subito sobbalzai. La creatura mi stava fissando, i suoi quattro occhi gialli erano rivolti dritti verso di me senza sbattere le ciglia e... stavano iniziando a brillare? Oh, no, no, no. Quando succede non è mai una buona cosa.
"Devo scendere," strepitai verso Meg.
"Shh."
"Ma quella creatura mi fissa. Voglio controllare. I suoi occhi brillano!"
Meg strizzò gli occhi verso il serpente. "No, non è vero. Sono normalissimi. Inoltre, se ne sta solamente seduto lì."
"Ma è seduto lì in maniera sospetta!"
Uno dei passeggeri dietro di noi sussurrarono, "Shh!"
Meg sollevò le sopracciglia verso di me, come per rimarcare un 'che cosa ti avevo detto?'
Io indicai il corridoio e poi guardai Meg.
Lei roteò gli occhi al cielo, si raddrizzò togliendo le scarpe dal sedile davanti e permettendomi di passare. "Non dare inizio ad una rissa," si raccomandò.
Grandioso. Ora avrei dovuto attendere che il mostro mi attaccasse per primo prima di potermi difendere.
Rimasi in piedi nella navata, aspettando che il sangue tornasse alle mie gambe formicolanti. Chiunque avesse inventato il sistema circolatorio sanguigno umano si sarebbe meritato il licenziamento.
L'amphisbaena non si mosse. I suoi occhi erano comunque ancora fissati su di me. Sembrava in una sorta di trance. Forse stava radunando le sue energie per un attacco improvviso. Le amphisbaenae agivano così?
Perlustrai nella mia memoria per ricordare più cose possibili su quel tipo di creatura, ma ne estrassi molto poco. Lo scrittore romano Plinio il Vecchio sosteneva che indossare un cucciolo vivo di amphisbaena attorno al collo poteva garantire una gravidanza sicura (dettaglio non particolarmente utile al momento.) Indossarne la pelle poteva rendere molto attraente e attirare dei potenziali partner. (Yhm, neppure questo era di aiuto.) Le sue teste potevano emettere veleno. Aha! Questo sì che era importante. Il mostro stava succhiando l'acqua per riuscire ad aumentare il getto della sua saliva velenosa!
Cosa potevo fare per evitarlo...?
Nonostante le mie occasionali esplosioni di potere ed abilità divina, non ero sicuro di poter riuscire a sfruttarle ogni volta che ne avevo bisogno. Il più delle volte ero sempre e solo un pietoso diciassettenne.
Avrei potuto recuperare il mio arco e la mia faretra dal vano porta bagagli. Sarebbe stato utile poter essere armati. Però, ciò avrebbe fatto percepire le mie azioni come ostili. Meg mi avrebbe probabilmente rimproverato per aver reagito in maniera tanto eccessiva.
Se solo avessi avuto con me un'arma più piccola e meno visibile, magari un pugnale, nascosto sotto la maglietta. Perché non potevo essere il dio dei pugnali?
Percorsi il corridoio, come se fossi solamente intenzionato di dirigermi al bagno. Se l'amphisbaena avesse attaccato, avrei gridato. Sperai che Meg riuscisse a mettere giù la rivista abbastanza velocemente da riuscire a venire a salvarmi per tempo. Se il serpente non avesse azzardato nessuna mossa, beh, forse ciò avrebbe dimostrato la sua effettiva innocenza.
Poi sarei andato in bagno, dal momento che in realtà ne avevo bisogno.
Barcollai sulle mie gambe formicolanti, il che non aiutò il mio approccio "naturale e casuale". Considerai di improvvisare una melodia fischiettando, poi mi ricordai della faccenda di dover mantenere il silenzio durante il viaggio.
Mi trovavo a quattro file di distanza dal mostro. Il cuore mi martellava forte nel petto. Quegli occhi erano decisamente luminosi, e decisamente fissi su di me. Il mostro sedeva immobile, in maniera innaturale persino per un rettile.
Sole due file. La mascella tremolante e il viso sudato rendevano difficile cercare di apparire disinvolto. L'abito dell'amphisbaena sembrava costoso e di buona fattura. Probabilmente, essendo un serpente gigante, non poteva indossare degli abiti di misura standard. La sua pelle aveva una cromia a rombi marroni e gialli e molto probabilmente era difficile trovare colori di abiti che vi ci si abbinassero bene.
Quando l'amphisbaena si mosse, pensai di essere pronto. E invece mi sbagliavo. La creatura si lanciò con incredibile rapidità. Fui troppo sorpreso persino per urlare. Se avesse voluto uccidermi, sarei sicuramente morto.
Invece, mi strinse semplicemente in una presa, fermando il mio cammino, aggrappandosi a me come se stesse annegando.
Parlò con un doppio sibilo basso che mi risuonò intenso nelle orecchie:

"Il figlio di Ade, amico sarà,
Mostrare la via segreta per il trono potrà.
Dalla vita di Nerone, la tua stessa dipenderà."


Improvvisamente, così come mi aveva afferrato, mi lasciò andare. I suoi muscoli ondeggiarono all'interno dell'abito. Si mise nuovamente a sedere dritto, allungando il collo finché non fu quasi naso a naso con me.
La luminosità di prima svanì dai suoi occhi.
"Che cosa sto—?" la sua testa sinistra guardò quella destra. "Chi—? Aspetta, ho forse mancato la fermata di Baltimora? Mia moglie mi ucciderà!"
Ero troppo sconvolto per parlare.
Quei versi che aveva pronunciato... riconobbi la metrica poetica. Quell'amphisbaena mi aveva recapitato un messaggio profetico. Mi resi anche conto che questo mostro poteva in effetti essere un normale pendolare posseduto, dirottato dai capricci del destino perché... perché, sì. Era un serpente; sin dai tempi antichi, i serpenti canalizzavano la saggezza della terra, dal momento che vivevano sottoterra. Un serpente gigante poteva essere particolarmente suscettibile alle voci oracolari.
Non sapevo che cosa fare. Dovevo scusarmi con lui per l'inconveniente che aveva avuto? Dovevo dargli una mancia? E se non era lui la minaccia che avevo avvertito, qual era?
Venni salvato da una conversazione imbarazzante, e l'amphisbaena fu salvata dall'ira della moglie, quando due dardi di balestra volarono attraverso la carrozza del treno uccidendolo, conficcandoglisi nel collo.
Urlai. Diversi passeggeri vicini mi intimarono di fare silenzio.
L'amphisbaena si disintegrò in polvere gialla, lasciandosi dietro solo l'abito su misura.
Sollevai lentamente le mani e mi voltai come se fossi finito in piedi su di una mina. Quasi mi aspettai che un altro dardo di balestra mi perforasse il petto. Non c'era modo di schivare un attacco di qualcuno che possedeva una tale precisione. Il meglio che potessi fare era sembrare innocuo. E in quello ero bravo.
All'estremità opposta della carrozza c'erano due enormi figure. Uno era un Germano, a giudicare dalla barba e dai capelli arruffati e decorati di perline, dalla sua armatura di pelle, dai suoi schinieri d'oro imperiale e dalla corazza. Non lo riconobbi, ma recentemente avevo incontrato troppi esemplari della sua specie. Non avevo dubbi per conto di chi lavorasse.
I sottoposti di Nerone ci avevano trovati.
Meg era ancora seduta al suo posto, brandendo le sue magiche lame gemelle d'oro ma il Germano aveva puntato la lama della sua spada al suo collo, intimandola a restare ferma.
La sua compare, la tiratrice con la balestra, era molto più alta di lui e più grossa. Indossava un'uniforme da direttore della compagnia ferroviaria che non avrebbe ingannato nessuno, tranne, a quanto pareva, tutti i mortali presenti sul treno, che sembrarono non accorgersi minimamente dei nuovi arrivati. Sotto il suo cappello da direttore, i capelli erano rasati sui lati, lasciando una lucente criniera castana al centro legata in una treccia. La sua camicia a maniche corte le andava stretta sulle spalle muscolose, le braccia erano ricoperte di tatuaggi dalla forma circolare ed intorno al collo vi era una serie di anelli dorati — dei piercing.
Erano anni che non vedevo creature del genere. Questa donna era un Gaul! Tale realizzazione mi fece raggelare le membra. Ai tempi della Repubblica Romana, le Gauls erano temute anche più dei Germani.
Ella aveva già ricaricato la sua doppia balestra e me la stava puntando alla testa. Alla sua cintura pendeva tutta una varietà di altre armi: un gladio, una mazza e un pugnale. Oh, certo, lei ce l'aveva un pugnale.
Mantenendo gli occhi su di me, spostò il mento verso la spalla, segnale universale per 'vieni qui o ti inchiodo'.
Valutai le probabilità di mettersi a correre e affrontare i nostri nemici prima che questi uccidessero me e Meg ed uscirne indenni. Non ce n'erano. E le probabilità di farcela se mi fossi rannicchiato per la paura dietro ad un sedile mentre Meg si occupava di entrambi da sola? Leggermente migliori, ma comunque non altissime.
Mi feci strada lungo il corridoio, le ginocchia che mi tremavano. I passeggeri mortali aggrottarono la fronte verso di me mentre passavo. Per quanto potessi immaginare, dovevano pensare che il mio urlo doveva essere stato un disturbo indegno alla loro quiete e che il controllore era giunto per richiamarmi. Il fatto che il controllore stesse brandendo una balestra ed avesse appena ucciso un pendolare serpentino a due teste non sembrava averli affatto turbati.
Raggiunsi la mia fila e mi scambiai uno sguardo con Meg, in parte per assicurarmi che stesse bene, e in parte perché ero curioso del perché non avesse attaccato. Solitamente non si sarebbe lasciata fermare dal fatto di avere una spada alla gola.
Stava fissando scioccata la Gaul "Luguselwa?"
La donna annuì bruscamente, il che mi fece comprendere due cose orribili: che Meg la conosceva e che si chiamava Luguselwa. Mentre guardava Meg, la ferocia negli occhi della gaul si aquietò.
"Sì, Fiorellino," confermò la gul. "Ora, metti via le armi prima che Gunther sia obbligato a tagliarti la testa."

 
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LE FATICHE DI APOLLO


La Torre di Nerone


(Rick Riordan)


2.
Paste per cena,
Il vostro Lester non può farcela.
Vado a fare pipì.



IL GERMANO CHE BRANDIVA LA SPADA SEMBRÒ DELIZIATO "Tagliamo la testa?"
Il suo nome, GUNTHER, era riportato anche sulla targhetta del nome sulla divisa.
"Non ancora." Luguselwa tenne gli occhi su di noi. "Come potete notare, Gunther adora decapitare le persone, per cui cercate di fare i bravi. Venite—"
"Lu," disse Meg. "Perché?"
Quando si trattava di esprimere dolore, la voce di Meg era un ottimo strumento. L'avevo sentita piangere per la morte dei nostri amici. L'avevo sentita descrivere l'omicidio di suo padre. Avevo captato la rabbia che provava nei confronti del suo padre adottivo, Nerone, per il fatto che avesse ucciso suo padre e le aveva manipolato la mente con anni di abusi emotivi.
Ma quando si era rivolta a Luguselwa, la voce di Meg era suonata in una chiave completamente diversa. Sembrava come se la sua migliore amica avesse appena smembrato la sua bambola preferita senza alcun motivo né preavviso. Sembrava ferita, confusa, incredula — come se, in una vita piena di umiliazioni, questa fosse un'umiliazione che non avrebbe mai potuto concepire.
I muscoli della mascella di Lu si irrigidirono. Le vene erano gonfie sulle sue tempie. Non riuscivo a capire se fosse arrabbiata, se si sentisse in colpa o se si stesse solo mostrando commossa.
"Ricordi di quanto ti ho parlato di dovere, Fiorellino?"
Meg deglutì.
"Lo ricordi, eh?" notò Lu, con voce tagliente.
"Sì," ammise Meg in un sussurro.
"Allora prendi le tue cose e vieni." Lu spinse la spada di Gunther lontano dal collo di Meg.
L'omone si lamentò con un "Hmph" sconfitto, che immaginai fosse la versione Germanica per 'non posso mai divertirmi'.
Con aria perplessa, Meg si alzò e aprì il vano portaoggetti sopra il sedile. Non riuscivo a capire perché seguisse così passivamente gli ordini di Luguselwa. Avevamo combattuto contro probabilità ben peggiori. Chi era questa Gaul?
"Tutto qui?" Mormorai mentre Meg mi passava lo zaino. "Ci stiamo arrendendo?"
"Lester," mormorò Meg, "Fai solo quello che dico."
Mi misi lo zaino in spalla, poi presi l'arco e la faretra. Meg si sistemò velocemente la cintura per il giardinaggio alla vita. Lu e Gunther non sembravano preoccupati del fatto che io fossi armato di freccie e che Meg avesse un'intera cernita di semi.
Mentre sistemavamo le nostre cose, i passeggeri mortali ci lanciarono sguardi seccati, ma nessuno ci zittì, probabilmente perché non volevano far arrabbiare i due grossi conduttori che ci stavano scortando fuori.
"Per di qua." Lu indicò con la sua balestra l'uscita dietro di lei. "Gli altri stanno aspettando."
Gli altri?
Non volevo più incontrare altri Gauls o Gunther, ma Meg seguì umilmente Lu attraverso le doppie porte di plexiglas. Io andai subito dopo di lei, e Gunther venne dietro di me. Sentii il suo fiato sul collo; probabilmente stava riflettendo su quanto sarebbe stato facile separare la mia testa dal resto del corpo.
Una passerella collegava la nostra carrozza a quella successiva: un corridoio rumoroso e traballante con doppie porte automatiche su entrambi i lati, un bagno delle dimensioni di un armadio in un angolo e le porte esterne a babordo ea tribordo. Pensai di lanciarmi fuori da una delle uscite e sperare per il meglio, ma temevo che "il meglio" avrebbe significato morire all'impatto con il suolo. Fuori era buio pesto. A giudicare dal rombo dei pannelli di lamiera ondulata sotto i miei piedi, immaginai che il treno andasse ben oltre i cento miglia all'ora.
Attraverso le porte di plexiglas più lontane, vidi la carrozza ristorante: un lugubre bancone era posizionato lungo tutto il corridoio, ad esso erano accostati una mezza dozzina di grossi uomini... altri Germani. Là dentro non sarebbe successo niente di buono. Se Meg e io avessimo voluto chiedere una pausa, questa era la nostra occasione.
Prima che potessi fare qualsiasi tipo di mossa disperata, Luguselwa si fermò bruscamente appena prima delle porte della carrozza ristorante. Si voltò a guardarci.
"Gunther," sbottò, "controlla che il bagno sia a posto."
Le direttive sembrarono confondere Gunther tanto quanto me, anche perché sembrava che lui non avesse per nulla idea di quali tipologie di controlli sarebbero potuti essere necessari.
Mi domandai perché Luguselwa sembrasse tanto paranoica. Temeva forse che vi fosse una legione di semidei nascosta pronta a salvarci? O forse, così come era capitato a me, una volta aveva sorpreso un ciclope mentre si stava dirigendo al bagno e ne sarà rimasta traumatizzata abbastanza da non riuscire a fidarsi più dei bagni pubblici.
Dopo un breve scambio di sguardi, Gunther mormorò "Hmph" e fece come gli era stato detto.
Non appena infilò la testa nel cubicolo, Lu ci fissò con uno sguardo complice. "Quando attraverseremo il tunnel per New York," disse, "dovrete chiedere entrambi di poter usare il bagno."
Avevo ricevuto una caterva di ordini strani nel corso degli anni, molti dei quali erano stati da parte di Meg, ma questo riuscì comunque a sorprendermi.
"In effetti, io avrei bisogno di andarci adesso," ammisi.
"Tienila," sentenziò lei.
Guardai Meg per cercare di capire se tutta la situazione avesse una qualche senso per lei, ma lei avevo lo sguardo fisso ed angustiato sul pavimento.
Gunther riemerse dal bagno. "Non c'è nessuno."
"Molto bene, allora," disse Lu. "Andiamo."
Ci condusse all'interno della carrozza ristorante. Sei Germani si voltarono a guardarci, i pugni sempre serrati su tazzine da caffè e pastine. Barbari! Chi mai mangerebbe pastine da colazione a quell'ora della notte? I guerrieri erano vestiti esattamente come Gunther. Uno di loro, con il nome di AEDELBEORT segnato sulla targhetta (uno dei nomi più popolari tra i germani nati nel 162 d.c.) sbraitò contro Lu in un linguaggio che non riconobbi. Lu rispose nella stessa lingua. La sua risposta sembrò accontentare i guerrieri, che tornarono a concentrarsi sui loro pasti. Gunther si unì a loro, lamentandosi di quanto fosse arduo oggigiorno riuscire a trovare dei nemici che si potessero effettivamente decapitare.
"Sedetevi," ci intimò Lu, indicando dei posti accanto al finestrino.
Meg vi scivolò sopra tristemente. Io mi sistemai di fronte a lei, tenendo stretto il mio arco, la faretra e sistemando lo zaino accanto a me. Lu rimase a portata d'orecchio, nel caso in cui avessimo cercato di architettare un piano di fuga. Ma non doveva preoccuparsi di ciò. Meg continuò a non incontrare il mio sguardo.
Mi domandai ancora chi fosse Luguselwa e cosa significasse per Meg. Non una volta nei nostri mesi di viaggio Meg l'aveva menzionata. Questo fatto mi disturbò non poco. Piuttosto che indicare il fatto che Lu non fosse importante, mi fece sospettare che fosse davvero molto importante invece.
E perché una Gaul? Le Gaul erano state creature insolite nella Roma di Nerone. Quando era divenuto imperatore, la maggior parte di loro era stata conquistata e "civilizzata" con la forza. Coloro che indossavano ancora tatuaggi e piercing e vivevano secondo i vecchi modi erano state spinte ai margini della Bretagna o costrette a migrare sulle isole britanniche. Il nome Luguselwa... Il mio gallico non era mai stato molto buono, ma pensai significasse l'amata del dio Lugus. Rabbrividii. Quelle divinità celtiche erano un gruppo strano e feroce.
I miei pensieri erano troppo sconvolti per risolvere quel nuovo mistero. Continuavo a ripensare al povero amphisbaena che aveva ucciso; un innocuo pendolare mostro che non sarebbe mai tornato a casa da sua moglie, tutto perché una profezia lo aveva reso la sua pedina.
Il suo messaggio mi aveva lasciato turbato — una terzina, come quella che avevo ricevuto al Campo Giove:

«Figlio di Zeus, l’ultima sfida affronta
La torre di Neron due saliranno
Scaccia la bestia che ti reca onta.»


Sì, l'avevo memorizzata.
Ora avevamo ricevuto delle nuove istruzioni, chiaramente legate a quelle precedenti. Stupido Dante e stupida struttura infinita da poema:

«Il figlio di Ade, amico sarà,
Mostrare la via segreta per il trono potrà.
Dalla vita di Nerone, la tua stessa dipenderà.»


Conoscevo un figlio di Ade: Nico di Angelo. Probabilmente si trovava ancora al Campo Mezzosangue a Long Island. Se avesse avuto la possibilità di scovare qualche via segreta per il trono di Nerone, non avrebbe comunque mai avuto la possibilità di mostrarcelo a meno che non fossimo sfuggiti a questo treno.
L'ultima riga del nuovo verso era semplicemente crudele. In quel momento eravamo circondati da seguaci di Nerone, quindi ovviamente le nostre vite dipendevano da lui. Volevo credere che ci fosse dell'altro in quella frase, qualcosa di positivo... magari legato al fatto che Lu ci aveva ordinato di andare in bagno quando saremo passati per il tunnel che conduceva a New York. Ma data l'espressione ostile di Lu e la presenza dei suoi sette amici Germanici fortemente rinvigoriti dalla caffeina e da alimentati zuccherati, non mi sentivo particolarmente ottimista.
Mi dimenai sul sedile. Oh, perché avevo pensato al bagno? Avevo davvero bisogno di andarci adesso.
Fuori, i cartelloni pubblicitari illuminati del New Jersey erano caratterizzati da annunci di concessionari di automobili dove si poteva comprare un'auto da corsa poco pratica; di avvocati specializzati in infortuni che potevano essere assunti per incolpare gli altri conducenti una volta che ci si fosse schiantati con una delle suddette auto da corsa; di un casinò in cui si sarebbe potuto scommettere i soldi vinti nella causa per lesioni. Il grande cerchio della vita.
Meg rimase ferma, così cercai di farlo anch'io.
Presto sarebbe arrivato il tunnel per New York. Forse, invece di chiedere di usare il bagno, saremmo potuti entrare in azione contro i nostri rapitori.
Lu sembrò leggere i miei pensieri. "È una buona cosa che vi siate arresi. Nerone ha altre tre squadre disseminate lungo il treno. Senza contare che ogni passaggio — ogni treno, bus o volo per Manhattan — è tutto coperto. Nerone ha l'Oracolo di Delfi dalla sua parte, ricordate. Sapeva dove sareste stati questa notte. Non sareste mai riusciti a raggiungere la città senza venire catturati."
Quello fu un modo per distruggere tutte le mie speranze. Dirmi che Nerone si fosse alleato con Pitone facendolo scrutare nel futuro per suo conto era una cosa, ma informarmi del fatto che stesse usando il mio sacro Oracolo contro di me... è pesante.
Meg, tuttavia, si rianimò improvvisamente, come se qualcosa che Lu aveva detto le avesse dato speranza. "Allora come mai sei stata tu a trovarci, Lu? Solo fortuna?"
I tatuaggi di Lu si incresparono mentre fletteva le braccia, i cerchi celtici vorticosi mi fecero venire il mal di mare.
"Ti conosco, Fiorellino," disse. “So come seguirti. Non centra niente la fortuna."
Avrei potuto pensare a diversi dèi della fortuna che sarebbero stati in disaccordo con questa sua affermazione, ma decisi di non mettermi a discutere. Essere prigioniero aveva smorzato il mio desiderio di chiacchierare.
Lu si rivolse ai suoi compagni. "Non appena arriveremo alla Penn Station, condurremo i prigionieri vino alla squadra di scorta. Non voglio che si commettano errori. Che nessuno uccida la ragazza o il dio a meno che non sia strettamente necessario."
"È necessario adesso?" domandò Gunther.
"No," ribatté Lu. "Il princeps ha dei piani per loro. Li vuole vivi."
Il princeps. Nella mia bocca si formò un sapore amaro, più amaro del caffé che stavano bevendo su quella carrozza. Marciare attraverso la porta d'ingresso della sede di Nerone non era il modo in cui avevo programmato di affrontarlo.
Un momento prima stavamo attraversando una terra desolata caratterizzata null'altro che da magazzini e cantieri navali. L'attimo successivo, ci immergemmo nell'oscurità, entrando nel tunnel che ci avrebbe portato sotto il fiume Hudson. All'interfono, un annuncio confuso ci informò che la nostra prossima tappa sarebbe stata la Penn Station.
"Devo fare pipì," avvertì Meg.
Io la guardai, confuso. Stava seriamente seguendo le strane istruzioni di Meg? La Gaul ci aveva catturati ed ucciso un serpente a due teste innocente. Perché mai si fidava?
Meg premette la scarpa sul mio piede, pestandomelo con vigore.
"Sì," gracchiai. "Anche io dovrei fare pipì." Per me, per lo meno, era alacremente vero.
"Tenetevela," grugnì Gunther.
"Ma mi scappa." Meg iniziò a saltellare su e giù.
Lu sospirò. La sua espressione non sembrava affatto finta. "Molto bene." Si rivolse alla sua squadra. "Li porto io. Voi altri rimanete qui e preparatevi per scendere."
Nessuno dei Germani obiettò. Probabilmente avevano sentito Gunther lamentarsi del servizio igienico. Fecero fuori le ultime pastine e andarono a recuperare il proprio equipaggiamento mentre io e Meg lasciavamo i nostri posti.
"Stai lasciando indietro le tue cose," mi ricordò Lu.
Sbattei le palpebre. Giusto. Chi mai andrebbe in bagno senza portarsi dietro le proprie frecce e la faretra? Sarebbe stupido. Raccolsi il tutto.
Lu ci riaccompagnò indietro lungo il corridoio. Non appena le porte si furono chiuse alle nostre spalle, mormorò "Ora."
Meg si precipitò verso la carrozza in cui eravamo seduti fin dal principio.
"Ehy!" Lu mi spinse da parte, fermandosi abbastanza a lungo da mormorare, "Blocca la porta. Scollega gli allineatori," poi corse dietro a Meg.
Non avevo capito.
Due scimitarre lampeggiarono nelle mani di Lu. Aspetta — aveva lei le spade di Meg? No. Poco prima della fine del corridoio, Meg si voltò verso di lei evocando le proprie, e le due ragazze combatterono come demoni.
Erano entrambe dimachaeri, una tipologia rara di gladiatori? Ciò voleva dire che — non avevo tempo per riflettere su ciò che volesse dire.
Dietro di me, i Germani urlarono e corsero verso di noi. Avrebbero varcato le porte da un momento all'altro.
Non capivo esattamente che cosa fosse successo, ma il mio stupido cervello mortale venne attraversato, solo per un breve secondo, dall'idea che forse, e dico forse, Lu stesse cercando di aiutarci. Se non avessi bloccato le porte come aveva chiesto, saremmo stati raggiunti da sette rabbiosi barbari con le mani sporche e appiccicaticce.
Sbattei il piede contro la base delle doppie porte. Non c'erano maniglie, così dovetti premere i palmi contro i pannelli per tenerli assieme ed impedire che si aprissero.
Gunther corse verso le porte a tutta velocità, l'impatto quasi non mi fece slogare la mascella. Gli altri Germani si accalcarono dietro di lui. I miei unici vantaggi erano lo spazio ristretto in cui si trovavano, il che rendeva loro difficile muoversi date le dimensioni.
Invece di lavorare assieme per cercare di aprire le porte, si spinsero semplicemente l'uno contro l'altro, usando la testa di Gunther come se fosse un ariete.
Dieto di me, Lu e Meg si fendevano colpi vicendevolmente, le loro lame risuonavano furiosamente l'una contro l'altra.
"Molto bene, Fiorellino," disse Lu sottovoce. "Ricordi la tua formazione." Poi disse più forte, in modo che tutti potessero sentire: "Ti ucciderò, sciocca ragazzina!"
Immaginai come doveva apparire tale scena ai Germani dall'altra parte del plexiglas: la loro compare Lu, intrappolata in un combattimento con un prigioniero evaso, mentre io cercavo di trattenerli. Iniziavo a perdere sensibilità alle mani. Mi facevano male i muscoli delle braccia e del torace. Mi guardai intorno disperatamente alla ricerca di una serratura di emergenza, ma c'era solo un pulsante di APERTURA di emergenza. A che cosa serviva?
Il treno sfrecciava attraverso il tunnel. Stimai che avremmo avuto solo pochi minuti prima di raggiungere la Penn Station, dove la "squadra di scorta" di Nerone ci stava aspettando. Non volevo essere scortato.
Scollega gli allenatori, mi aveva detto Lu.
Come avrei dovuto farlo, soprattutto nel mentre tenevo chiuse le porte della carrozza? Non ero un ingegnere ferroviario! I ciuf-ciuf erano più il campo di Efesto.
Mi guardai intorno. Incredibilmente, non vi era nessun pulsante chiaramente etichettato che consentisse ad un passeggero comune di scollegare le varie carrozze del treno. Che cosa c'era di sbagliato nella compagnia Amtrak?
Ecco! Sul pavimento vi era una serie di alette metalliche incernierate che si sovrapponevano, creando una superficie sicura su cui i passeggeri potessero camminare quanto il treno girava. Uno di quei lembi era stato aperto con un calcio. Forse era stata Lu mentre passava.
Anche se fossi riuscito a raggiungerlo da lì dove mi trovavo, cosa che ovviamente ero impossibilitato a fare al momento, dubitavo che avrei avuto la forza e la destrezza per raggiungere il collegamento, tagliare i cavi e fare leva sul morsetto. Lo spazio tra i pannelli del pavimento era troppo stretto, l'allineamento troppo in basso. Anche solo per riuscire a colpirlo dalla mia posizione attuale, sarei dovuto essere il più grande arciere del mondo!
Oh, aspetta...
Contro il mio petto, le porte iniziarono a piegarsi sotto il peso dei sette barbari. Una lama d'ascia sporse dal rivestimento di gomma finendo vicino al mio orecchio.
Girarsi per poter tirare con il mio arco sarebbe stata una follia.
, pensai istericamente. Facciamolo.
Guadagnai tempo tirando fuori una freccia e scoccandola attraverso lo spazio tra le porte. Gunther ululò di dolore. La pressione si allentò mentre il gruppo di Germani si raddrizzava. Mi voltai in modo che la mia schiena fosse rivolta verso il plexiglas, il tallone premuto contro la base delle porte per cercare di mantenerle bloccate. Armeggiai con il mio arco e riuscii a incoccare un'altra freccia.
Il mio nuovo arco era un'arma di livello divino, proveniente dalle scorte del Campo Giove.
Le mie abilità da arciere erano migliorate drasticamente negli ultimi sei mesi. Eppure, fu comunque una pessima idea. Era impossibile scoccare adeguatamente una freccia con il gomito che nell'indietreggiare era limitato dalla superficie dura delle porte. Non potevo tirare abbastanza la corda.
Provai comunque a tirare. La freccia scomparve tintinnando contro il pavimento, mancando completamente il bersaglio.
"Arrivo alla Penn Station tra un minuto," disse una voce nel sistema di avvertimento. "Le porte si apriranno sulla sinistra."
"Siamo agli sgoccioli!" Esclamò Lu, cercando di colpire la testa di Meg. Meg colpì in basso, quasi riuscendo a pugnalare la coscia della gaul.
Lanciai un'altra freccia. Questa volta la punta tintinnò contro la fibbia, ma i vagoni rimasero ostinatamente collegati.
I Germani ricominciarono a battersi contro le porte. Un pannello di plexiglas scattò fuori dal suo posto. Un pugno si allungò verso di me e mi afferrò per la maglietta.
Con un urlo disperato, mi allontanai barcollando via dalle porte e tirai un'ultima freccia. Questa recise i cavi e finì per sbattere contro l'allineamento. Con un tremore, l'allineamento si ruppe.
I Germani si riversarono sulla passerella mentre io balzavo oltre lo spazio che si stava allargando tra le due carrozze. Quasi non finii contro le scimitarre di Meg e Lu, ma in qualche modo riuscii a riprendere in tempo l'equilibrio.
Mi voltai mentre il resto del treno sfrecciava nell'oscurità a settanta miglia all'ora e i sette Germani ci fissavano increduli urlando insulti che non ho intenzione di riportare.
La nostra carrozza disaccoppiata proseguì per qualche altro metro, per poi rallentare fino a fermarsi. Meg e Lu abbassarono le armi. Una coraggiosa passeggera della carrozza osò sporgere la testa e chiedere che cosa stesse succedendo. Io la zittii.
Lu mi lanciò un'occhiataccia contrariata, "Ti ci è voluto un sacco di tempo, Lester. Ora, muoviamoci prima che i miei uomini tornino."

 
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LE FATICHE DI APOLLO


La Torre di Nerone


(Rick Riordan)


3.
Freccia della saggezza,
Devo trovare una via di fuga.
No, non quella. NO!




"SONO CONFUSO," DISSI MENTRE PERCORREVAMO a ritroso il tunnel buio. "Siamo ancora dei prigionieri?"
Lu lanciò un'occhiata a me e poi a Meg. "È piuttosto ottuso per essere un dio, vero?"
"Non ne hai idea," si lamentò Meg.
"Lavori per Nerone o no?" domandai. "E voi esattamente come...?" indicai con il dito prima Lu e poi Mego, lasciando intuire il fine della mia domanda.
Poi colsi il luccichio dei loro anelli dorati, entrambe li portavano sulle dita medie. Ricordai il modo in cui Lu e Meg avevano combattuto, le loro quattro lame che fendevano e colpivano in una perfetta sincronia. L'ovvietà mi colpì come uno schiaffo in pieno volto.
"Tu hai addestrato Meg," capii. "Perché diventasse una dimachaerus."
"E ha mantenuto tutte le sue capacità," Lu diede un buffetto affettuoso a Meg. "Ne sono molto felice, Fiorellino."
Non avevo mai visto Meg sembrare così orgogliosa per qualcosa.
Avvolse la sua vecchia allenatrice in un abbraccio. "Sapevo che non eri cattiva."
"Hmm." Lu non sembrava sapere cosa fare con quell'abbraccio. Accarezzò Meg sulla spalla. "E invece lo sono stata, Fiorellino. Ma non permetterò più a Nerone di torturarti. Continuiamo a muoverci."
Tortura. Sì, quella era la parola giusta.
Mi chiedevo come Meg potesse fidarsi di questa donna. Aveva ucciso l'amphisbaena senza battere ciglio. Non avevo dubbi che avrebbe fatto lo stesso con me se lo avesse ritenuto necessario.
E peggio: Nerone le pagava lo stipendio. Che Lu ci avesse salvato dalla cattura o meno, aveva addestrato Meg, il che significava che doveva essere rimasta a guardare per anni mentre Nerone tormentava emotivamente e mentalmente la mia giovane amica. Lu era stata parte del problema, parte dell'indottrinamento di Meg nella famiglia contorta dell'imperatore. Temevo che Meg potesse star scivolando nuovamente nelle vecchie abitudini. Forse Nerone aveva trovato un modo per manipolarla indirettamente attraverso questa ex-insegnante che lei ammirava.
D'altra parte, non ero sicuro di come affrontare quell'argomento. Stavamo camminando attraverso un labirinto di tunnel della metropolitana in manutenzione con solo Lu che ci facesse da guida. Aveva molte più armi di me. Inoltre, Meg era la mia padrona. Mi aveva detto che avremmo seguito Lu, quindi è quello che avremmo fatto.
Proseguimmo a camminare, Meg e Lu una affianco all'altra, io che arrancavo dietro di loro. Vorrei poter dire che stavo tenendo la guardia o che stessi eseguendo qualche altro compito importante, ma credo che Meg si fosse semplicemente dimenticata di me.
Sopra di noi, le luci dei lavori proiettavano ombre sui muri dei mattoni del tunnel. Fango e melma indefinita ricoprivano la pavimentazione, emanando un odore simile a quello delle vecchie botti di vino che Dioniso insisteva a tenere nella sua cantina, nonostante si fossero trasformate da tempo in aceto. Almeno le scarpe di Meg non avrebbero più odorato di pupù di cavallo. Ora avrebbero assunto una nota di rifiuti tossici, un olezzo nuovo ma almeno diverso.
Dopo aver percorso un bel po' di strada, ma azzardai a chiedere, "Lu, signorina, dov'è che stiamo andando?" Fui sorpreso dal volume della mia stessa voce che riecheggiò nell'oscurità.
"Lontano dal territorio di ricerca," disse, come se la cosa fosse ovvia. "Nerone può sfruttare la maggior parte delle telecamere a circuito chiuso di Manhattan. Dobbiamo uscire dal suo radar."
Fu un po' strano sentire una gaul parlare di radar e telecamere.
Mi chiesi come mai Lu fosse finita al servizio di Nerone.
Per quanto detestassi ammetterlo, gli imperatori del Triumvirato erano una sorta di dèi minori. Erano molto selettivi nel scegliere quali seguaci avrebbero potuto trascorrere l'eternità con loro. I Germani avevano un senso. Per quanto ottusi e crudeli potessero essere, come guardie per il corpo imperiale sapevano essere fieri e leali. Ma perché una gaul? Luguselwa doveva essere stata preziosa per Nerone per ragioni bel al di là delle sue abilità con la spada. Non credevo che una tale guerriera si sarebbe mai potuta rivoltare contro il suo padrone dopo due millenni di servizio.
I miei sospetti dovevano essere papabili. Lu si guardò alle spalle e notò il mio cipiglio. "Apollo, se ti volessi morto, saresti già morto."
Questo era vero, riflettei, ma Lu avrebbe potuto aggiungere: e se avessi voluto indurti a seguirmi in modo da poterti consegnare vivo a Nerone, questo è esattamente quello che avrei fatto.
Lu accelerò il passo. Meg mi guardò accigliata, come per intimarmi di essere carino con la gaul, poi affrettò il passo per raggiungerla.
Persi la cognizione del tempo. Il picco di adrenalina del combattimento sul treno era svanito, lasciandomi stanco e dolorante. Certo, dovevamo ancora trovare un posto sicuro, ma avevo passato la maggior parte degli ultimi sei mesi a scappare. Non riuscivo a mantenere indefinitamente uno stato produttivo di panico. La sostanza appiccicosa del tunnel inzuppò completamente i miei calzini. Le mie scarpe sembravano dei morbidi involucri di fanghiglia.
Per un po' rimasi impressionato dalla conoscenza approfondita che aveva Lu di quei tunnel. Proseguì, conducendoci lungo una curva dopo l'altra. Poi, quando esitò un po' troppo a lungo ad un incrocio, capii la verità.
"Non sai dove stiamo andando," constatai.
Lei si accigliò. "Ti ho detto dove stiamo andando. Lontano da—"
"Dalla zona delle ricerche. Dalle videocamere. Sì. Ma dove ci stiamo dirigendo, esattamente?"
"Da qualche parte. Ovunque sia sicuro."
Risi. Mi sorpresi per il senso di sollievo che si fece largo dentro me. Se Lu era così incapace di scegliere la nostra destinazione, allora mi sentivo più sicuro al potermi fidare di lei. Non aveva un piano su dove andare. C'eravamo persi. Che sollievo!
Lu sembrò non apprezzare il mio umorismo.
"Scusa tanto se ho dovuto improvvisare," borbottò. "Siete fortunati che sia stata la mia squadra a trovarvi su quel treno, piuttosto che tutte le altre squadre di ricerca dell'imperatore. Altrimenti sareste nelle segrete di Nerone adesso."
Meg mi lanciò un'altra occhiataccia. "Sì, Lester. Inoltre, va tutto bene."
Indicò una vecchia sezione di piastrelle greche lungo il corridoio di sinistra, che forse conducevano ad una vecchia linea abbandonata della metropolitana. "Riconosco il posto. Ci dovrebbe essere un'uscita più avanti."
Avrei voluto chiederle come fosse possibile che conoscesse questo posto. Poi ricordai che Meg aveva passato buona parte della sua infanzia a vagabondare per vicoli bui, palazzi abbandonati e altri posti strani ed inusuali di Manhattan per stare lontana dalla furia di Nerone.
Mi immaginai la giovane Meg esplorare questi tunnel, rotolandosi nel fango e coltivando funghi in luoghi dimenticati.
Iniziammo a seguire lei per... non so bene, sei o sette miglia? Per lo meno, è così che mi sembrò.
Poi, ci fermammo bruscamente quando un BOOM profondo e lontano echeggiò nel corridoio.
"Un treno?" Chiesi nervosamente, anche se ci eravamo lasciati alle spalle le rotaie molto tempo prima.
Lu inclinò la testa. "No. Era un tuono."
Non capivo come mai potesse essere. Quando eravamo entrati nel tunnel nel New Jersey, non c'era stato nessun segnale di pioggia. Non mi piaceva l'idea di una tempesta di fulmini così vicino all'Empire State Building — l'entrata per il Monte Olimpo, dimora di Zeus, anche conosciuto come il Papà dei Fulmini.
Imperterrita, Meg andò avanti.
Alla fine, il nostro tunnel terminò ad una scala a pioli di metallo. Sopra di noi c'era un tombino, la luce della luna crescente che filtrava attraverso la grata.
"Ricordo che si apre su un vicolo," annunciò Meg. "Non dovrebbero esserci videocamere — perlomeno, non ce n'erano l'ultima volta che sono passata per di qui."
Lu grugnì, come per complimentarsi dell'ottimo lavoro.
La gaul si fece avanti per prima. Un attimo dopo, eravamo tutti fuori dal tombino e all'interno del vicolo tra due palazzi. Un fulmine scattò alto nel cielo, scurendo le nuvole. La pioggia mi picchiettò contro il viso e mi colpì gli occhi.
Da dove veniva questa tempesta? Voleva forse essere un modo per accogliere il mio ritorno a casa da parte di mio padre, oppure un avvertimento? O forse era solo una normalissima tempesta estiva. Tristemente, il mio tempo come Lester mi aveva insegnato che non tutti gli eventi meteorologici avevano a che fare con me.
Il tuono fece tremare le finestre dei palazzi su entrambi i nostri lati. A giudicare dalle facciate di mattoni gialli degli edifici, immaginai che fossimo da qualche parte nell'Upper East Side, anche se sarebbe dovuta essere una passeggiata sotterranea incredibilmente lunga dalla Penn Station. Alla fine del vicolo, i taxi sfrecciavano lungo una strada trafficata: Park Avenue? Lexington?
Mi avvolsi nelle braccia. Battei i denti. La mia faretra stava iniziando a riempirsi d'acqua, la cinghia si faceva più pesante sulla mia spalla. Mi voltai verso Lu e Meg. "Immagino che nessuna di voi abbia un oggetto magico che fermi la pioggia?"
Dalla sua cintura delle armi infinite, Lu estrasse qualcosa che avevo pensato fosse un manganello della polizia. Premette un pulsante sul lato e questo si tramutò in un ombrello. Naturalmente, era abbastanza grande solo per ospitare Lu e Meg.
Sospirai. "Sul serio?"
"Già," affermò Meg.
Mi posizionai lo zaino sopra la testa, il che fermò efficacemente lo 0.003 per cento della pioggia dal colpirmi la faccia. I miei vestiti si erano ormai completamente appiccicati al mio corpo. Il mio cuore aveva smesso di battere all'impazzata, come se fosse esausto.
"E ora che si fa?" chiesi.
"Troviamo un posto in cui ricomporci," suggerì Lu.
Guardai il bidone della spazzatura più vicino. "Con tutte le proprietà immobiliari sotto il controllo di Nerone a Manhattan, non avete una base segreta che potremmo usare?"
La risata di Lu fu l'unica cosa secca in quel vicolo. “Te l'ho detto, Nerone monitora tutte le telecamere di pubblica sicurezza a New York. Vuoi davvero arrischiarti ad avvicinarti ad una delle sue proprietà?"
Odiavo che avesse ragione.
Volevo fidarmi di Luguselwa, perché Meg si fidava di lei. Ero riconoscente del fatto che che Lu ci avesse salvati sul treno. Inoltre, l'ultima parte della profezia dell'amphisbaena mi tornò alla mente: Dalla vita di Nerone, la tua stessa dipenderà.
Forse vi era un lieve riferimento a Lu, il che significava che forse avremmo potuto fidarci di lei. Dall'altro lato, però, ripeto, Lu aveva ucciso l'amphisbaena. Per quanto ne sapevo, se fosse sopravvissuto qualche altro attimo avrebbe potuto aggiungere qualche altro verso: Della Gaul fidar non si dovrà. Non Lu, non Lu.
"Quindi, se sei dalla nostra parte," dissi, "come mai tutta quella messinscena sul treno? Perché uccidere l'amphisbaena? Perché la farsa dello scortarci al bagno?"
Lu grugnì. "Prima di tutto, sono dalla parte di Meg. Ti te non mi interessa molto."
Meg sorrise. "Il che è un'ottima argomentazione."
"E per quanto riguarda il mostro..." Lu scrollò le spalle. "Era un mostro. Si rigenererà nel Tartaro. Non è stata una grossa perdita."
Sospettai che la moglie di quel serpente non sarebbe stata molto d'accordo con quell'affermazione. Però tuttavia, non molto tempo prima, avevo considerato i semidei nello stesso modo in cui Lu considerava l'amphisbaena.
"E la recita," proseguì a dire, "Se mi fossi rivoltata contro i miei stessi uomini, avrei corso il rischio di fare uccidere voi, di fare uccidere me, o di far correre qualcuno di loro ad avvisare Nerone. Sarei stata denunciata come traditrice."
"Ma sono scappati tutti," protestai. " Andranno tutti da Nerone, a dirgli... Oh."
"Diranno che l'ultima volta che mi hanno vista," disse Lu, "stavo combattendo come una disperata, cercando di impedirvi di scappare."
Meg si staccò dal fianco di Lu, spalancando gli occhi. "Ma Nerone penserà che sei morta! Puoi restare con noi!"
Lu le rivolse un sorriso mesto. “No, Fiorellino. Dovrò tornare da loro. Se saremo abbastanza fortunati, Nerone crederà che sono ancora dalla sua parte. "
"Ma perché?" Chiese Meg. "Non puoi tornare indietro!"
"È l'unico modo," disse Lu. "Dovevo assicurarmi che non venissi catturata mentre entravi in città. Ora... ho bisogno di tempo per spiegarti cosa sta succedendo... cosa sta pianificando Nerone."
Non mi piaceva l'esitazione nella sua voce. Qualunque cosa Nerone stesse progettando, doveva averla sconvolta.
"Inoltre," continuò, "se avete intenzione di batterlo, avrete bisogno di qualcuno che vi aiuti dall'interno. È importante che Nerone pensi che io abbia cercato di fermarvi, che non ci sia riuscita e che poi sia tornata da lui con la coda tra le gambe. "
"Ma..." Il mio cervello era troppo impregnato d'acqua per formulare altre domande. "Non importa. Potrai spiegare tutto quando troveremo un posto all'asciutto. A tal proposito—"
"Ho un'idea," disse Meg.
Corse all'angolo del vicolo. Lu e io sgattaiolammo dietro di lei.
I cartelli all'angolo più vicino ci informarono che eravamo a Lexington e sulla Settantacinquesima.
Meg sorrise. "Vedete?"
"Vedere cosa?" domandai. "Che cosa stai...?"
Quello che intendeva dire mi colpì come la carrozza di un treno in corsa. "Oh, no," dissi. "No, hanno già fatto abbastanza per noi. Non ho intenzione di metterli ulteriormente in pericolo, soprattutto ora che Nerone ci sta cercando."
"Ma l'ultima volta ti andava bene che —"
"Meg, no!"
Lu guardò avanti e indietro tra di noi. "Di cosa state parlando?"
Avrei voluto mettere la testa nello zaino e urlare. Sei mesi prima, non avevo avuto remore a chiamare un vecchio amico che viveva a pochi isolati da lì. Ma ora... dopo tutti i guai e il crepacuore che mi si era spezzato in ogni luogo che mi aveva ospitato... No. Non avrei potuto farlo di nuovo.
"E se invece cercassimo un'altra soluzione?" Presi la freccia di Dodona dalla faretra. "Chiederemo al mio amico profetico. Sicuramente avrà un'idea migliore, magari ci consiglierà un hotel con delle fantastiche offerte last-minute!"
Sollevai il dardo tra le mie dita tremanti. "Oh, grande freccia di Dodona—"
"Sta parlando a quella freccia?" Chiese Lu a Meg.
"Alle volte gli capita di parlare ad oggetti inanimati," le disse Meg. "Tu assecondalo."
"Abbiamo bisogno del tuo consiglio!" Dissi, soffocando l'impulso di prendere a calci Meg nello stinco. "Dove dovremmo rifugiarci?"
La voce della freccia ronzò nella mia mente: MI CHIAMASTE VOSTRO AMICO PROFETICO? Sembrava contento.
"Ehm, sì." Sollevai il pollice. "Abbiamo bisogno di un posto dove nasconderci e riorganizzare le idee, da qualche parte nelle vicinanze, ma lontano dalle telecamere di sorveglianza di Nerone e tutto il resto."
TAL IMPERATORE È VERAMENTE FORMIDABILE, concordò la freccia. MA CONOSCETE GIÀ LA RISPOSTA ALLA VOSTRA DOMANDA, OH LESTER. Detto ciò, la freccia tacque.
Gemetti infelice. Il messaggio della freccia era perfettamente chiaro.
"Che cosa ha detto?" Chiese Meg.
Provai a pensare ad un'alternativa, ma ero talmente stanco che non riuscii nemmeno a mentire.
"Bene," dissi. "Andiamo a casa di Percy Jackson."

 
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view post Posted on 12/10/2020, 16:25
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E così concludiamo con l'anteprima.
CLICCA QUI PER LEGGERE GLI ALTRI CAPITOLI DEL LIBRO
TRADOTTI DA ME, IN MANIERA AMATORIALE
(ovvero, male).

Per leggere la mia traduzione del libro è necessario
essere abilitati alla sezione
RACCOLTA TRADUZIONI.
[CLICCA QUI per sapere come ottenerla]


Lascio lo spazio sottostante per poter disquisire insieme del libro.
Chiunque abbia qualche commentino da fare è il benvenuto!
Basta che si segua una semplice regola per una lieta convivenza: Evitare Spoiler troppo specifici.
Nel caso si debbano fare, è necessario segnalarli anticipatamente in modo che nessuno rischi di rovinarsi l'esperienza nel caso non voglia riceverne. [/size] >> [Ps. scopri come farlo in maniera davvero PRO grazie all'articolo che trovi CLICCANDO QUI!]

Per il resto, fatemi/ci sapere liberamente cosa ne pensate!

Un saluto! (ノ◕ヮ◕)ノ

 
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view post Posted on 12/10/2020, 17:42

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grazie mille per il tuo lavoro! <3 <3 <3
Bellissimo l'orsetto con scritto "è gay", non lo avevo mai visto :')
ma l'ha inventato davvero Riordan o esisteva già?
 
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view post Posted on 13/10/2020, 22:04
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CITAZIONE (megcola @ 12/10/2020, 18:42) 
grazie mille per il tuo lavoro! <3 <3 <3

(◍•ᴗ•◍)❤ Grazie a voi che mi fate compagnia nella lettura.

CITAZIONE (megcola @ 12/10/2020, 18:42) 
Bellissimo l'orsetto con scritto "è gay", non lo avevo mai visto :')
ma l'ha inventato davvero Riordan o esisteva già?

A dire il vero, non ne ho idea.
Ho solamente trovato l'immagine cercando in giro il meme, perché non l'avevo mai visto.
 
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view post Posted on 24/10/2020, 09:41
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Complimenti,ottimo lavoro! <3
 
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view post Posted on 27/10/2020, 21:23
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CITAZIONE (Rasith @ 24/10/2020, 09:41) 
Complimenti,ottimo lavoro! <3

Grazie! :abbracc:
Anche se in realtà ho dovuto tradurre un po' di fretta e in alcune parti qualche strafalcione temo che mi sia scappato.
Ma mi rasserena sapere che apprezziate comunque lo sforzo. (◍•ᴗ•◍)❤
 
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view post Posted on 27/10/2020, 21:34

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Ma sì qualche errorino c'è ma ci sta, penso che tu traduca comunque molto bene! <3
 
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view post Posted on 29/10/2020, 23:11

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finito ora!

è stata una bella corsa .
la bellezza di un'opera è che abbia una fine: ci siamo goduti il viaggio fra olimpici e semidei.

credo che il soggetto sia finito
l'ultima profezia non è stata resa nota al lettore...credo si limiterà ad una ministoria di nico e will nel tartaro


Edited by Pandora_Key - 30/10/2020, 00:14
 
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view post Posted on 2/11/2020, 11:09
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CITAZIONE (misterpurè! @ 29/10/2020, 23:11) 
credo che il soggetto sia finito

Beh, credo di sì. Anche perché non so quanto altro si potrebbe dire di più sulla mitologia greco/romana.
Al momento sembra che Riordan si stia informando sulla mitologia irlandese, quindi magari avremo altre saghe su altre mitologie.

Non so se la missione di Nico per recuperare BOB possa essere interessante materiale per uno spin-off... io l'ho visto più che altro come un inserto per farci capire che le avventure dei semidei continuano anche se non le leggiamo. Un po' come Percy ed Annabeth andranno all'università, Leo dovrà vedersela con Calypso, Piper prosegue con la vita sua, etc... e anche Will e Nico faranno cose.

Poi, non so. Di solito non ci prendo con queste cose. Quindi, Boh XD
 
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11 replies since 6/10/2020, 22:12   1,848 views
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