QUESTA VOLTA, Ahsoka non irruppe nell’ufficio di Bail prima di sapere se lui non fosse già presente. Aveva rintracciato la sua nave consolare di ritorno da Coruscant. Si era fermato su una luna vicina ed aveva fatto scaricare un paio di casse con un fare per nulla losco. Sembrava tutto molto ordinario, ma Ahsoka, che era atterrata ad una certa distanza e si era poi infiltrata nello spazioporto nel mentre il carico veniva fatto scendere, sapeva bene che cosa stesse avvenendo. Approfittò del fatto che la Tantive III fosse a terra per i rifornimenti per salire a bordo. Stare a quella distanza dal Nucleo era un grande rischio, ma voleva dimostrare a Bail che era seria e anche grata per tutto quello che era stato disposto a fare per Kaeden e gli altri. Alla fine, sentì la nave decollare e quel piccolo cambiamento che le fece capire che la nave doveva essere entrata nell’iperspazio, e partì alla ricerca del senatore. Superò la sicurezza della sua porta con abbastanza facilità e scivolò dentro. Così come sulla nave del Capitano Antilles, gli alloggi di Bail sulla Tantive III comprendevano ben più di due stanze. Al momento si trovava nell’anticamera, che era abbastanza grande da contenere due posti a sedere e non molto altro. Udì la voce del senatore provenire dalla seconda camerata, posto in cui doveva lavorare. Si avvicinò alla porta e sentì la fine della conversazione, una serie di parole ripetute dalla voce probabilmente appartenente ad un bambino molto piccolo che non riuscì a distinguere. Non aveva idea di come avesse fatto Bail a capirle – forse anni di pratica all’ascolto di tutte le grida che avvenivano nel Senato Imperiale erano serviti a qualcosa, dopo tutto. “Lo so, tesoro, ma è più sicuro se ci limitiamo a parlare senza l’uso di video.” Rispose alla fine, facendo seguire una piccola pausa. Ahsoka non riuscì a sentire la risposta. Poi Bail parlò di nuovo. “Di a tua madre che ci rivediamo presto.” Ci fu un’altra pausa mentre Bail si disconnetteva dalla chiamata. Poi si schiarì la gola. “È avvenuta forse un’altra irruzione da parte di Jedi di cui dovrei fare rapporto?” chiamò. Ahsoka rise. Era bello sapere che non si poteva ingannare il senatore due volte. Aveva la sensazione di sapere esattamente che cosa avesse sentito, il che le diede un senso di fermezza. “Vi mostrate vulnerabile per farmi sentire a mio agio, senatore?” domandò Ahsoka, entrando nell’ufficio. Lui le fece segno di sedersi, e lei seguì il consiglio. “L’intera galassia è a conoscenza del fatto che sia un padre di famiglia, Ahsoka Tano,” disse lui. “L’Impero conta su questo. Pensa che voglia dire che sarò più suscettibile a certi suggerimenti.” “E questo non ti preoccupa?” chiese Ahsoka. Bail si strinse nelle spalle e abbassò lo sguardo. Seguire una ribellione non doveva essere facile. “Assomiglia già così tanto a sua madre,” disse. In qualche modo suonò come se fosse un test. Ahsoka non ne conosceva la risposta, così lasciò perdere. Avrebbero mantenuto dei segreti tra loro, e si sarebbero fidati l’uno dell’altra prima o poi, in ogni caso. “Volevo parlare con te di quello che stai facendo per contrastare l’Impero,” disse Ahsoka. “Penso che potremmo parlarne, sì,” confermò Bail. “Il Capitano Antilles ha inviato un resoconto incoraggiante. Solo quindici vittime durante l’evacuazione di Raada – uno dei suoi piloti di A-wing e quattordici sfollati.” Per poco non sarebbero stati quindi sfollati, ma il personale medico di Antilles era stato in grado di salvare Vartan. Lui e Selda erano alla pari adesso, aveva scherzato il Togruta, con quattro arti recisi per tutti e due, ma almeno erano entrambi vivi. Li aveva lasciati sulla nave del Capitano Antilles con Kaeden e Miara. Erano rimasti tutti impressionati dalle capacità tecnologiche della vera medicina. Il braccio di Kaeden era stato rimesso quasi completamente a nuovo, il che aveva reso Miara libera di aggirarsi per la nave, alla ricerca di qualche pilota di A-wing da infastidire. Quando era saltato fuori che era brava con gli esplosivi, si erano un po’ tutti interessati a lei. “Sono contenta che sia andato tutto per il meglio,” commentò Ahsoka. “Quando mi sono scontata con quella creatura grigia al mio arrivo, ho avuto come l’impressione che non fosse l’unico del suo genere.” “Era bravo?” chiese Bail. “Oppure si limitava ad usare una spada tanto per dare spettacolo?” “Ha ricevuto una sorta d’istruzione,” illustrò Ahsoka. “Si basava principalmente sulla forza bruta. Se confrontato con un Jedi, o qualcuno con il mio stesso livello di formazione, direi che non si può considerare più di tanto una minaccia. L’ho sconfitto senza usare le spade laser. Ma gli altri come lui potrebbero non essere mandati ad affrontare dei Jedi.” Bail fece un cenno di assenso solenne con la testa. “Faremo tutto il possibile,” decretò. “E Raada?” “Beh, gli agricoltori non possono tornare indietro,” disse Ahsoka. Si accasciò sullo schienale. Avevano vinto, ma il costo era stato elevato. “Se ci provassero, l’Impero li sterminerebbe senza troppo remore.” “Potranno sistemarsi su Alderaan, forse,” disse Bail. “Non sono in tanti, e ci sono abbastanza rifugiati in giro per tutta la galassia in questo momento da non attirare l’attenzione.” “Non vogliono essere ri-locati,” disse Ahsoka. Raddrizzò le spalle. “Vogliono unirsi al progetto.” Bail prese quell’idea in considerazione. Sapeva che avrebbero fatto comodo delle persone in più, ma c’erano alcuni evidenti aspetti negativi. L’Impero non aveva problemi a sacrificare persone scarsamente addestrate, ma Bail si rifiutava di fare lo stesso. “Sono coltivatori, Ahsoka,” sottolineò. “Hanno giusto quel minimo di formazione che gli hai fornito tu.” “Sono pieni di risorse,” ribatté lei. “E comunque, i tuoi ribelli dovranno pur mangiare, no?” Bail rise. “Manderò qualcuno a parlare con loro, e vedremo che cosa si può fare,” decise. “Ci sono alcuni pianeti su cui ci farebbe comodo fondare una base agricola, e potremo iniziare ad istruire coloro che saranno interessati a diventare piloti o a far parte della milizia.” Rimasero seduti in silenzio per un attimo, poi Bail si sporse in avanti. “Mi hanno detto che le tue nuove spade laser sono di colore bianco,” disse, con una nota di stupore nella voce. “Posso vederle?” L’ufficio di Bail era un posto abbastanza sicuro, circondato completamente dallo spazio vuoto. Ahsoka si alzò in piedi ed estrasse le sue spade laser dalla cinta. Le attivò, facendo riempire lo studio di Bail di una morbida luce bianca, scintillando contro i finestrini. L’ufficio era molto più piccola di una sala di formazione, essendo a bordo di una nave, ma si esibì comunque in alcune delle mosse basilari per il senatore. Non si sarebbe mai stancata del modo in cui brillavano. Non aveva mai pensato che avrebbe mai sostituito quelle verdi originali, e aveva ancora da finire le impugnature, ma andavano già più che bene. “Sono stupende, Ahsoka,” disse lui. Lei le spense, facendo un leggero inchino per poi tornare a sedersi. “Non ne ho mai viste di bianche prima,” rifletté Bail. “Prima erano rosse,” spiegò Ahsoka. “Quando le aveva quella creatura, erano rosse. Ma le ho percepite prima di giungere a Raada, e sapevo che erano mie.” “Hai mutato la loro natura?” chiese lui. “Le ho ripristinate,” precisò Ahsoka. “Le ho liberate. I cristalli rossi vengono corrotti dal lato oscuro, quando chi li maneggia li piega alla propria volontà. Lo chiamano, sanguinamento del cristallo. Per quello la lama diventa rossa.” “Me lo stavo giusto chiedendo,” disse Bail. “Ho passato un sacco di tempo con i Jedi, ma non ho mai posto domande su dove provenissero le loro spade laser. In ogni caso, non credo che me lo avrebbero detto.” “Mi sembrano quasi familiari,” continuò Ahsoka. “Se posso tirare ad indovinare, direi che sono stati saccheggiati da un Tempio Jedi.” “Questo solleva una possibilità davvero scomoda,” commentò Bail. “Per non parlare di una serie di potenziali pericoli per un Padawan Jedi.” “Non sono più una Padawan, Senatore, e non è nemmeno più sicuro che sia Ahsoka Tano,” disse lei. “Barriss Offee aveva torto su un sacco di cose. Ha lasciato che la rabbia offuscasse il suo giudizio e ha cercato di giustificare le sue azioni senza tenere conto degli effetti a lungo termine. Aveva paura della guerra e non si fidava delle persone a cui avrebbe dovuto dare ascolto. Ma aveva ragione sulla Repubblica e sugli Jedi. C’era qualcosa che non andava, e siamo stati troppo fermi sulle nostre tradizioni per renderci conto di che cosa si trattasse. Barriss avrebbe dovuto fare qualcosa di diverso. Non avrebbe dovuto cercare di uccidere nessuno, e sicuramente non avrebbe dovuto subirne le conseguenze, ma se le avessimo dato ascolto – realmente ascolto – forse saremmo stati in grado di fermare Palpatine prima che prendesse il potere.” “Il Cancelliere ha giocato le sue carte davvero molto bene,” disse Bail. Pronunciò la parola cancelliere con un po’ troppo disprezzo, e Ahsoka sapeva che gli dava grande soddisfazione non doverlo chiamare Imperatore quando erano in privato. “Ci ha tenuti tutti così occupati ad inseguire delle ombre da non farci accorgere che quelle ombre fossero reali.” “Pensavo di aver messo una pietra sopra la faccenda della guerra, ma forse non so propriamente come farlo,” disse Ahsoka. “Ho provato a restarne fuori, ma ho continuato a finire per venirne tirata in mezzo.” Bail ripensò ad Obi-Wan, seduto da solo in un mondo nell’Orlo Esterno. Il suo sacrificio era stato quello di allontanarsi, per concentrarsi solo sul futuro e non concedere alcun pensiero al presente. Sarebbe stato un modo solitario di vivere, e per quanto tranquillo, Bail non lo invidiava affatto. “Credo che,” disse con cautela, “che tu ed io siamo destinati a rimanere concentrati sul presente.” “Che cosa vuoi dire?” indagò Ahsoka. “In questa battaglia, ci saranno persone come Barriss che restano focalizzate sul passato,” spiegò. “E ci saranno altre persone che si concentreranno fortemente sul futuro. Nessuno di loro è nel torto, non proprio, ma anche se non seguiremo sempre lo stesso percorso, la nostra deve essere una via di mezzo.” Ahsoka sorrise. “È quello che ho pensato quando stavo cercando di trovare i cristalli per alimentare le mie spade laser,” gli disse. “Non volevo stare da sola, ma non voglio nemmeno venire considerata un generale o una Padawan. Voglio qualcosa che stia nel mezzo; comunque utile, ma diverso rispetto a prima.” La nave uscì dall’Iperspazio. Erano ancora ad una certa distanza dal pianeta, ma a Bail piaceva osservare il sistema circostante quando stava per fare ritorno a casa. “Stavo pensando a quello che ho fatto su Raada,” disse Ahsoka. “All’inizio è stata dura, perché nessuno voleva darmi ascolto. Poi mi hai detto che eri consapevole di quello che stava succedendo, ma che non potevi intervenire. E io non riuscivo a capire come poter comunicare con loro. Avevano priorità diverse, e proprio per il fatto che io non sia riuscita a spiegarmi, un sacco di persone hanno perso la vita.” “Non è stata colpa tua,” la rassicurò Bail. “Lo so,” disse lei. “Ma mi sento come se un po’ lo fosse.” Lui annuì. Sospettava di essere anche lui incline ad incolpare sé stesso per gli avvenimenti. “Poi è successo di nuovo quando hai mandato Chardri Tage e Tamsin sulle mie tracce,” continuò Ahsoka. “Non avevano abbastanza informazioni, e io non conoscevo le loro priorità. Tutto quello che avevo visto era un raggio traente e due sconosciuti con dei blaster.” “Cherdri non mi perdonerà mai per questa cosa,” ammise Bail. “Ho sbagliato.” “Ciò che voglio dire è che entrambi questi problemi avrebbero potuto essere evitati se avessimo avuto dei migliori canali di comunicazione,” precisò lei. Bail sospirò. “Lo so,” disse. “Tutto quello che sto cercando di costruire è troppo recente e fragile. Non abbiamo la sicurezza che vorrei, conseguentemente finiamo per cadere in degli errori.” “Credo di potervi aiutare, a questo riguardo,” disse Ahsoka. “E come?” chiese Bail. “Durante le Guerre dei Cloni, ho collaborato con un sacco di persone,” spiegò Ahsoka. “Ho combattuto al fianco di cloni, che accettavano di prendere ordini da me nonostante non fossi al loro stesso grado d’esperienza. Ho osservato la politica di una dozzina di mondi diversi. Ho aiutato a formare delle persone che non avevano mai tenuto un blaster in mano in vita loro. Quando ho fatto queste cose, avevo i Jedi ad appoggiarmi, ma credo che potrei fare un lavoro allo stesso modo abbastanza buono con te.” “Vuoi reclutare delle persone?” “Non esattamente. Credo che se trovassi delle persone talentuose, di certo cercherei di farle unire alla causa. Vorrei poter trovare delle missioni per le tue reclute. Voglio poter ascoltare ciò di cui la gente ha bisogno, e trovare le persone giuste per fare sì che queste vengano aiutate.” “Vuoi prendere in consegna le mie reti di intelligence,” constatò lui. “Chi li gestisce?” “Nessuno, in realtà,” ammise lui. “Questo costituisce buona parte del problema.” “Allora è da lì che inizierò,” concluse lei. “Mi puoi cedere una navetta? La mia l’ho perduta.” “Possiamo modificarne una per te con abbastanza semplicità,” disse lui, con un sorriso stampato sul volto. “Conosco il droide giusto per questo lavoro.” “Grazie,” disse lei. “È bello avere di nuovo una missione.” “Credo che alla fine di tutto, il mio debito nei tuoi confronti sarà enorme, ma prego.” “Diciamo solo che dobbiamo trovare il modo di mantenerci in contatto, invece che tracciarci,” suggerì lei. “Immagino che sarò molto occupata, d’ora in poi.” “Come potrei chiamarti, se non posso chiamarti Ahsoka?” domandò il senatore. “Avrai bisogno di un nome in codice, per lo meno, in modo da poter trattare con gli altri operatori.” Guardarono entrambi fuori dal finestrino mentre Alderaan si faceva sempre più grande. Era davvero un bellissimo pianeta, anche se Ahsoka sentiva già la mancanza del frusciare dell’erba di Raada. Alderaan era verde e bluastro, e un buon punto di sosta da una rivolta galattica. Il centro, dove si intersecavano tutte le loro speranze. “Fulcrum” disse infine. “Puoi chiamarmi Fulcrum.” “Benvenuta, dunque, nella Ribellione.” |