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[STAR WARS]AHSOKA - E.K. Johnston, [TRADUZIONE ITA]

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STAR WARS

AHSOKA


(E.K. Johnston)


– CAPITOLO 25 –



“COME HAI FATTO AD ENTRARE?” domandò Bail senza rifletterci.
“R2 ha aperto la strada per me, non appena è arrivato a bordo,” spiegò Ahsoka.
“Avrei dovuto disattivarlo,” si rimproverò Bail senza pensarlo davvero. “Agisce troppo di testa sua, quel droide.”
“Ha avuto un sacco di pessimi modelli da seguire,” commentò seccamente Ahsoka.
“Questo è vero,” disse Bail. “Immagino che Skywalker fosse un esempio anche per te.”
“Io stavo parlando della Senatrice Amidala, a dire il vero,” precisò Ahsoka. “R2 apparteneva a lei, prima.”
“Dove si trova la tua nave?” chiese Bail, cercando di cambiare argomento per evitare di farsi venire un groppo in gola.
“Nascosta su una delle rocce spopolate di questo sistema. Sapevo che sarei passata più inosservata se fossi stata solo io, e che gli scanner non mi avrebbero rivelata.” Ahsoka guardò il casco. “Sono sorpresa di averne trovato uno adatto alla mia testa.”
“Perché non sei venuta con Chardri Tage?” disse Bail. “Ti avrebbe creato troppo fastidio?”
“Nella mia posizione, è difficile fidarsi di qualcuno che si avvale di un raggio traente prima di presentarsi,” disse Ahsoka. “Immagino che tu non abbia detto loro con chi avessero a che fare.”
“No,” ammise Bail. “Volevo preservare il tuo anonimato. Non sapevo chi fossi fino a quando non ho visionato il video della sorveglianza.”
“R2 avrebbe dovuto cancellarlo,” si lamentò Ahsoka. “Credo che lei abbia ragione riguardo la sua vena di indipendenza.”
“Ho scoperto che è difficile cercare persone senza compromettere la loro sicurezza,” disse Bail. “Il nuovo ordine è duro e spietato, quindi ho pensato che se non avessi voluto essere trovata, avrei trovato più semplice trovarti in questa maniera.”
“Come ha fatto a sapere dove cercare?” domandò Ahsoka.
“Tengo d’occhio tutte le attività che avvengono in questa nuova galassia,” spiegò Bail. “Quando c’è una concentrazione di operosità, cerco di scoprire chi vi è dietro, e poi mi metto in contatto con lui.”
“E di che cosa parlate?” indagò Ahsoka.
Bail la squadrò e decise di poterglielo rivelare. “Della Ribellione, Padawan Tano,” disse. “Cerco persone che siano disposte a battersi contro l’Imperatore, l’impero, e tutto ciò che esso rappresenta.”
“Non merito più questo titolo, senatore,” dichiarò Ahsoka con calma. “E non merito la vostra fiducia.”
Bail si soffermò a riflettere su quella dichiarazione per qualche istante. Lavorare in politica lo aveva fatto migliorare nel parlare e nel riuscire a convincere la gente.
“Ci sarebbe un pianeta,” disse lei, alla fine. “Una luna, a dire la verità. Ho cercato di aiutarli quando l’Impero è giunto lì, ma non ci sono riuscita. Sono morte delle persone. Sono dovuta scappare e lasciarmeli alle spalle.”
“Raada,” comprese lui. “Ho sentito parlare di quello che è successo.”
“Abbiamo provato a combattere, e le cose sono peggiorate,” raccontò Ahsoka. “Non è come nelle Guerre dei Cloni. Non sono mai rimasta sola, prima d’ora. Avevo un’armata, avevo dei maestri, avevo –”
Aveva Anakin Skywalker.
“Non puoi contrastare l’Impero da sola, Ahsoka,” disse Bail comprensivo. “Nessuno si aspetta che tu lo faccia. Ma puoi combatterlo assieme a me.”
“Non posso guidare più nessuno,” replicò lei scuotendo la testa. “Non posso condurre altri alla morte. L’ho già fatto troppe volte.”
“Troveremo qualche altro ruolo adatto a te, allora,” insistette lui. “Ho un sacco di posti di lavoro vacante da riempire, come potrai ben immaginare.”
Bail notò che Ahsoka sembrava tentata dalla sua proposta. Sarebbe stato sempre meglio che cercare di risolvere i propri problemi in solitaria. Qualunque cosa la stesse inseguendo, avrebbe avuto comunque più problemi a rintracciarla con il suo aiuto.
“Ci sono dei ragazzini,” disse lei dopo un momento. “Per tutta la galassia. Ne ho incontrata una, ma so che ce ne saranno molti altri. Sarebbero dovuti diventare dei Jedi. Ora però saranno solamente in pericolo. Qualcosa sta dando loro la caccia. Non so bene di che cosa si tratti. Non l’ho mai visto. Ma se sarete disposto ad aiutarmi a trovarlo, mi unirò alla vostra ribellione.”
Il modo casuale con cui aveva parlato di Anakin e Padmé gli fece pensare che lei potesse essere a conoscenza della vera natura del loro rapporto, ma non ne era sicuro. Era comunque abbastanza sicuro che non sapesse di Leia, né del fratello. Non conosceva le sue motivazioni, ma era disposto a ribaltare ogni pietra della galassia per aiutarla, se avesse potuto. Avere qualcuno a cui poter affidarsi per le ricerche del genere gli andava piuttosto bene. Ogni aiuto da parte di qualcuno che riusciva a comprendere l’utilizzo della Forza, era un aiuto in più per proteggere sua figlia.
“Affare fatto,” accettò, quando gli tornò la forza per parlare. “E avrei anche già una missione per te, a quanto pare. Sei disposta ad affrontarla?”

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Ahsoka era esausta, anche se fede del suo meglio per non darlo a vedere. Il combattimento contro l’agente del Sole Nero, la fuga dai seguaci di Bail, e poi il suo viaggio attraverso lo spazio senza gravità l’avevano completamente scaricata. Fece del suo meglio per rimanere in piedi dietro la scrivania mentre lei ed il senatore contrattavano e scendevano ai negoziati.
Quando lui disse di avere una missione per lei, quasi non si lasciò cadere stremata a terra, ma dopo tutto, era rimasta sveglia così a lungo, avrebbe potuto resistere un altro po’.
“Potrei aver bisogno di fare una pausa prima di partire di nuovo,” disse. “ma mi piacerebbe sapere che cosa ha in mente per me.”
“Si tratta di Raada,” disse Bail. Ahsoka si sentì subito più sveglia. “I miei contatti in questo settore ci mettono sempre molto tempo a fornirmi delle informazioni – per questo ci ho messo molto a trovarti – ma dopo questo, mi è stato tutto molto più chiaro.”
Ahsoka tese le mani e Bail le porse un datapad. Lo sfogliò mentre Bail continuò a parlare. Erano per lo più mappe e diagrammi del composto imperiale, cose che conosceva già.
“Sembra ci sia una specie di nuovo agente Imperiale lì,” continuò Bail. “Non è un militare, ma è potente. Ha il controllo completo sul presidio, se vuole, e da ordini agli ufficiali in carico come se fossero semplici assaltatori. Secondo i rapporti, sembra che vada in giro brandendo una spada laser con una doppia lama rossa.”
Ahsoka quasi non lasciò cadere il datapad. Si stava facendo prendere di sorpresa troppo facilmente ultimamente. Aveva bisogno di rifocalizzarsi, ma non riusciva a trovare qualcosa di preciso su cui potersi concentrare.
“Che aspetto ha?” chiese.
“Una descrizione comunque dai rapporti lo indica come grigio,” disse Bail. “Non è molto d’aiuto, vero? Anche i video della sicurezza non hanno rivelato molto.”
La mente di Ahsoka ricompose velocemente i pezzi. Grigio non era il genere di parola che si usava per descrivere qualunque avversario con cui si fosse mai scontrata. Quindi doveva essere qualcuno che non conosceva. Qualcuno di nuovo. Qualcuno come –
“Un’ombra?” rifletté. “Grigio, come un’ombra.”
“Può essere,” commentò Bail. “Si dice che sia molto veloce, e deve essere un usufruitore della Forza se brandisce una spada laser, non credi?”
“Non necessariamente,” disse Ahsoka. “Ma è probabile che sia così, in questo caso. L’Impero non avrebbe inviato una persona qualunque a dare la caccia ai Jedi.”
“Come fai a sapere che sta dando la caccia ai Jedi?” domandò Bail.
“Non pensa che sia un po’ strano che i suoi informatori abbiano detto poco e niente riguardo Raada fino ad adesso?” constatò Ahsoka. “Fino a quando non ho iniziato a catturare le attenzioni? Fino a quando questo essere non ha abbandonato quello che stava cercando inizialmente per andare dietro ad una preda più grossa?”
“Non ero a conoscenza di quest’ultima parte,” ammise Bail. “Ma, sì, ho pensato che fosse un po’ strano. Inoltre, c’è altro che devi vedere. Pensavo che fosse una trappola per nessuno in particolare, ma ora che sento la tua versione della storia, credo che potrebbe essere una trappola organizzata appositamente per te.”
Bail raccolse il datapad che Ahsoka aveva lasciato cadere e lo fece scorrere fino alla pagina finale. C’era una foto, scattata da una telecamera di sicurezza, ma che era sorprendentemente chiara e pulita per essere una trasmissione accidentale. Sapere che si trattava di una trappola fece assumere a tutto molto più senso.
Ahsoka riprese il datapad e guardò la foto. Il suo battito cardiaco accelerò, e sentì come se tutto l’ossigeno presente nella stanza fosse improvvisamente svanito. Ritraeva la creatura grigia, il volto nascosto da un copricapo, ma la sua spada laser era chiaramente visibile. E c’era Kaeden Larte con lui, ovviamente sua prigioniera, con il braccio rotto stretto al petto e i capelli crespi che volavano in ogni direzione.
“Oh, no,” il respiro di Ahsoka si fece pesante. “Devo –”
“Ferma,” disse Bail severamente. Lei si bloccò automaticamente e lo fissò dritto negli occhi. L’espressione di lui si addolcì e circumnavigò la scrivania per avvicinarsi a lei. “Ahsoka, hai bisogno di riposare. Hai bisogno di organizzare un piano. Non le faranno del male. Hanno bisogno che tu ti faccia vedere lì, prima. La cosa migliore che puoi fare ora è assicurarti di essere preparata il più possibile quando lo farai.”
Ahsoka si lasciò cadere sulla sedia, con le mani in grembo, sconfitta. Bail le poggiò una mano sulla spalla per confortarla, ed entrambi sobbalzarono sentendo il rumore scoppiare fuori dalla stanza. La porta si aprì, e il Capitano Antilles irruppe dentro accompagnato da diversi agenti della sicurezza.
“Senatore!” esclamò Antilles, e poi si fermò.
“È tutto a posto, capitano,” lo rassicurò Bail. “Questa è una mia amica. Rimarrà con noi per un po’. Avremo bisogno di recuperare la sua nave, prima di andare, e avrà bisogno di un alloggio.”
Antilles annuì bruscamente, e poi si ritirò tanto in fretta quanto era arrivato.
“Non gli hai detto chi ero,” osservò Ahsoka. “Siete davvero così vulnerabili?”
“Sì,” disse Bail. “Ma stiamo diventando più sicuri giorno dopo giorno. Eppure, non mi piace rivelare segreti ad altre persone. Se vuoi che sappia chi sei, spetta a te dirglielo.”
“Grazie,” disse lei grata, per poi aggiungere: “Hai menzionato degli alloggi?”
Bail le mostrò la suite accanto alla sua e poi scese nella stiva per assicurarsi che la sua nave venisse portata al sicuro. Ahsoka si diede una ripulita, disfandosi della tuta pressurizzata. Aveva dovuto lasciare la sua borsa nella navetta, ma il piccolo sacchetto di metalli era rimasto con lei, all’interno della tuta. Lo aprì e controllò che fosse tutto intatto.
“Come se potessi rompervi più di quanto non siate già,” commentò. Poi rivolse la sua attenzione al vestirsi.
Si prese un momento per decidere se sarebbe stato meglio mangiare o andare direttamente a dormire, ma quest’ultima attività avrebbe richiesto meno sforzo, quindi si sdraiò sul letto e si addormentò quasi istantaneamente.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Ahsoka sognò del ghiaccio, e quel senso di urgenza che non provava da anni. Doveva riuscire a tornare alla caverna mentre il sole era ancora alto o il passaggio si sarebbe richiuso e lei sarebbe stata intrappolata su quel pianeta congelato per molto più tempo del dovuto. Ma dov’era il cristallo? Maestro Yoda non era stato più utile del solito, dicendole che avrebbe saputo riconoscerlo quando lo avrebbe visto. Ma dove avrebbe potuto trovarlo? E come avrebbe potuto saperlo?
Smise di correre, chiuse gli occhi e pensò a quello che già sapeva. Maestro Yoda era strano, e il più delle volte non comprendeva quello che cercava di dirle, ma, quasi sempre, aveva ragione. Avrebbe solo dovuto avere fiducia e sarebbe riuscita a trovare il cristallo, e quando sarebbe successo, lo avrebbe capito.
Aprì gli occhi. Lì, che scintillava nel buio della grotta, c’era una luce che non aveva notato prima. La chiamò, e lei si avvicinò. Quando giunse lì vicino, vide che si trattava di un cristallo, e proprio come le aveva detto Maestro Yoda, sapeva che era suo. Cadde nelle sue mani, e lei si voltò per correre di nuovo verso la bocca della caverna.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Comprese che il sogno fu finito quando si risvegliò avvertendo il calore del suo alloggio.
“Grazie, Maestro,” sussurrò, ben consapevole che Maestro Yoda non poteva sentirla, o aiutarla anche se avesse voluto.
Si alzò e si diresse verso al tavolino basso su cui aveva disposto le sue cose. Prese il sacchetto che di solito teneva in tasca. Rovesciò la collezione di pezzi che aveva portato con sé dal suo arrivo su Raada. Ora riuscì a vedere con chiarezza che molti di questi erano inutili, e li scartò. I pezzi rimasti, tuttavia, sarebbero potuti valere qualcosa.
La costruzione delle spade laser era un’arte Jedi di altissimo livello. Ahsoka non l’aveva mai fatto senza nessuno a supervisionare, come sapeva che avrebbe dovuto fare ora. Sapeva anche che le mancavano delle componenti importanti, ma dal momento che la sua visione la stava guidando verso Ilum, posto dove crescevano i cristalli, avrebbe dovuto fidarsi del percorso che stava intraprendendo. Qual materiale sarebbe dovuto essere sufficiente per iniziare la costruzione della struttura base. L’impugnatura sarebbe stata poco elegante, ma funzionale.
Terminò dopo un paio di partenze fallaci, ed esaminò il suo lavoro. Poté quasi udire Huyang agitarsi alle sue spalle. Si alzò in piedi, stese le spalle, e andò alla ricerca del senatore. Lo trovò in sala mensa, intento a conversare con il capitano.
“No, Capitano, rimanga, la prego” disse, quando Antilles fece per lasciarli soli. “Credo che avrò bisogno anche del vostro aiuto.”
“Che cosa hai intenzione di fare, Ahsoka?” domandò Bail. E Ahsoka comunicò loro il piano.

 
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(E.K. Johnston)


– CAPITOLO 25.5 –



I CRISTALLI CRESCEVANO.
Crescevano nel ghiaccio e nel freddo fino a quando non avrebbero trovato le mani che li stavano aspettando. Assumevano una forma ben levigata, come un prisma. E nel mentre crescevano, rimanevano quieti in attesa.
Con il tempo, qualcuno sarebbe arrivato a reclamarli, come l’armonia di una canzone perfetta. Ogni cristallo aveva un proprio predestinato, e solo lui avrebbe potuto udire il loro canto e cogliere il loro bagliore. Tutti gli altri sarebbero passati loro di fianco, senza però vedere nulla più del ghiaccio.
C’erano dei cristalli più grandi, visibili a tutti, ma inutili se non adeguatamente calibrati, e ce n’erano di quelli piccoli, delle dimensioni di un’unghia o ancora più piccoli. Anche il più piccolo avrebbe potuto incanalare il potere e trovare un portatore. Tutto quello che dovevano fare era essere pazienti e continuare a crescere.
Non c’era motivo particolare per cui dovessero venire trovati. C’erano alcuni pianeti che ne ospitavano un numero infinito, e quei tali erano considerati luoghi speciali. Vi venivano fatti pellegrinaggi, dove venivano appresi degli insegnamenti e realizzate spade laser. E così i cristalli di luce vagavano per la galassia, in attesa di essere utilizzati.
Esistevano anche cristalli oscuri, ma non i quegli stessi posti. Venivano saccheggiati dai loro legittimi portatori e danneggiati dalle mani che avevano osato rubarli. Anche le rocce possono essere modificate dal potere della Forza, subire alterazioni fino a cambiare colore, passando al rosso più profondo. L’equilibrio è il giusto prezzo tra i due, luce e oscurità, e ci vuole davvero poco per sconvolgere questa stabilità.
Quando apparvero le prime navi nel cielo su un pianeta in cui crescevano numerosi cristalli, niente sembrò fuori posto. Di continuo comparivano delle navi sul pianeta, e i cristalli venivano spesso portati via, ma questa volta sarebbe stato diverso. Non vi erano giovani portatori per ascoltare il loro canto, non vi erano studenti propensi ad imparare delle lezioni. Ci fu solo una terribile avidità, brama e desiderio di possesso.
Il pianeta venne devastato, i suoi cristalli vennero infranti da mani incuranti che cercarono di violarli. Quel pianeta non avrebbe più potuto essere considerato un luogo sacro, e non avrebbe più ospitato pellegrinaggi. Coloro che avrebbero potuto evitarlo, una volta, sarebbero caduti in disgrazia per la perdita di quei cristalli che una volta usavano chiamarli a loro.
Ma nella vastità della galassia, c’erano molti altri pianeti e luoghi dove potessero comparire i cristalli. Sarebbero stati più complessi da trovare, di una potenzialità minore, ma non impossibili da notare per coloro che li avrebbero cercati, per coloro che avrebbero saputo ascoltare e avrebbero avuto la pazienza di imparare.
I cristalli crescevano, assumendo una forma ben levigata. E mentre crescevano, rimanevano quieti in attesa.

 
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– CAPITOLO 26 –



BAIL LE OFFRÌ UNA NAVE, ma Ahsoka rifiutò. Tutti i possedimenti del senatore erano messi a nuovo: eleganti, veloci, e visibilmente costruiti con materiali del Nucleo. Ahsoka preferì tenere il suo catorcio. Conosceva le proprie abitudini, e sapeva che avrebbe dato meno nell’occhio nell’Orlo Esterno viaggiando su qualcosa di più anonima che non su una qualsiasi delle fantastiche navi di Bail. Lasciò, però, che l’equipaggio di Antilles le riparasse i danni ai motori. Beh, lasciò R2-D2 a farlo, mentre lei supervisionava.
Nel mentre il droide lavorava, Ahsoka colse l’occasione per esaminare le operazioni di Bail. Le disse che tutti a bordo erano pienamente consapevoli di ciò che stava tentando di organizzare, o perlomeno sembrava che tutti sapessero di non stare seguendo interamente missioni per conto dell’Impero. Dalle conversazioni che aveva udito dall’equipaggio, capì che fossero fedeli ad Alderaan, a Breha e Bail stessi, il che era un buon inizio. Il lavoro di Bail andava avanti a rilento, così come aveva sostenuto lui stesso, ma le sue fondamenta poggiavano su solide basi. Naturalmente, aiutava il fatto che avessero più risorse di quelle che aveva avuto Raada, e che la gente con cui lavorava era già addestrata a combattere e a seguire gli ordini.
Seduta nell’hangar assieme a R2-D2, Ahsoka cominciò a rendersi conto che quello che aveva compiuto su Raada fosse più una conquista di quello che tendeva a pensare. Non era come Onderon, dove aveva avuto il tempo e, cosa più importante, Rex ad aiutarla. Non aveva totalmente fallito su Raada, anche se la sua gente aveva subito numerose perdite. Aveva scoperto un nuovo modo di combattere, e aveva bisogno di provare maggiore pazienza verso sé stessa, così come per la gente al fianco cui combatteva.
R2-D2 le pose una domanda, e Ahsoka esaminò il suo lavoro, anche se aveva la sensazione che entrambi sapessero che non vi era bisogno di un secondo parere.
“Sembra tutto a posto, R2,” decretò. “Mi mancava averti in giro proprio per questo genere di cose.”
Il droide cinguettò felice e fece un paio di ultimi aggiustamenti al motore. Questo ronzò riprendendo a funzionare, facendo sobbalzare Ahsoka.
“Grazie, piccoletto,” disse. “Non credo abbia mai funzionato così bene.”
R2-D2 emise un suono compiaciuto, rimettendo a posto la strumentazione, e rotolò via senza ulteriori commenti. Sorpassò Bail, il quale si stava incamminando nella direzione di Ahsoka. Il senatore era stato fuori tutto il tempo quel giorno, più o meno, in una missione non meno pericolosa delle sue. Aveva fatto ritorno a Coruscant a giocare il ruolo del fantoccio nel Senato Imperiale, ed era vestito tutto punto per la parte.
“Sei sicura di non volere qualcuno che ti faccia da scorta?” domandò. “Sono sicuro che Chardri e Tamsin non portino rancore nei tuoi confronti, e stanno bene anche negli spazi stretti. Beh, saranno comunque pronti quando scopriranno a cosa andrete incontro.”
Ahsoka sorrise mentre collaudava il motore. Sarebbe stata in grado di partire al più presto.
“La ringrazio, ma no,” decise lei. “Sarà più semplice se sarò da sola.”
“È una misteriosa missione da Jedi?” chiese Bail. Non aveva avuto modo di curiosare il giorno precedente, quando lei aveva esposto loro alcuni dettagli, ma ora era sicuro che nessuno fosse in ascolto, e supponeva di avere il diritto di conoscere il grado di rischio che si stava prendendo aiutandola.
“No,” disse lei. “È difficile sa spiegare. Potrei non avere molto tempo, e potrei dover prendere decisioni alla svelta che non sempre sono facili da comprendere ad una persona esterna. Niente di personale, giuro.”
“Va tutto bene,” la tranquillizzò Bail. “Ho collaborato con abbastanza Jedi nel corso degli anni da capire quando è bene lasciarli andare per la propria strada.”
“Non sono un vero Jedi, invero,” sottolineò lei. Non ne avevano mai parlato precedentemente, però ora erano soli, ed era giusto fargli sapere che il suo investimento avrebbe potuto non fruttare i risultati sperati. “Ho abbandonato il tempio, e mi sono allontanata dal sentiero dei Jedi.”
“Se non sei un Jedi, allora che cosa sei, Ahsoka Tano?” domandò Bail. “Giusto per essere onesti, per me sembri agire e parlare come un vero e proprio Jedi.”
“Ti farò sapere quando avrò sistemato la faccenda,” disse lei. Passò una mano sul motore. “Grazie per avermi prestato R2 per le riparazioni. Il motore è perfetto.”
“Quando vuoi,” disse Bail, sorridendo. “Dovrei andare. Ma ci saremo nel caso tu dovessi avere bisogno di noi.”
“Ci vediamo, allora,” salutò Ahsoka, e lo osservò fare ritorno alla propria navetta.
Una volta che il senatore se ne fu andato, Ahsoka fece le ultime modifiche alla sua navetta e iniziò la sequenza pre-volo. Aveva dovuto prendere diverse decisioni alla svelta il giorno prima, e voleva essere sicura di non sovraccaricare troppo i motori. Ora aveva il tempo ed il modo di farlo, e anche se l’attesa la irritava, sapeva che poi l’avrebbe ricompensata.
Non aveva pensato che sarebbe stata in grado di dormire tutta la notte prima, l’immagine di Kaeden con quella spada laser puntata alla gola continuava a bruciare nella sua mente, ma era stata talmente esausta che si era addormentata non appena si era messa giù. Quando si era svegliata parecchie ore più tardi, si era sentita molto meglio, e subito dopo molto peggio: Kaeden probabilmente non aveva dormito molto bene, qualunque orario fosse stato su Raada.
Si sforzò di svuotare la mente dalle preoccupazioni. Non era stato facile, ma sapeva che non sarebbe riuscita ad aiutare i suoi amici se le emozioni avrebbero offuscato il suo giudizio. Poteva anche non essere un Jedi, ma aveva bisogno di agire come tale ancora per un po’. Sapeva come funzionava, comunque: liberare la mente e trovare l’obbiettivo. Era determinata a farlo, per il bene dei suoi amici.
La sequenza di pre-volo terminò, segnalando di non aver trovato nulla di difettoso. Ahsoka mise a posto i suoi attrezzi – le canne, la sua borsa, e qualche altra cosa utile che le aveva dato Bail – e tenne vicino a sé il solito sacchetto, legandolo alla cintura. Era più ingombrante ora, ma era riluttante a depositarlo in un qualunque altro posto.
Chiese il permesso per partire e lo ricevette immediatamente, assieme all’augurio di buona fortuna dell’ufficiale di copertura. Portò la nave fuori dall’hangar e poi avviò la procedura per il lancio nell’iper-spazio.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Ilum era un pianeta ghiacciato. Rigido, freddo, e bellissimo fino a quando si doveva passare troppo tempo all’esterno. Era stato un luogo sacro per molti Jedi. Ahsoka era stata lì almeno altre tre volte, una per ciascuno dei suoi due cristalli e un’altra volta con un gruppo di novizi. Le prime due volte non c’era stato nulla di ché, tranne l’entusiasmo che aveva provato nel trovare i materiali giusti per costruire le sue spade laser. La terza volta era stata più di una semplice avventura, e aveva dovuta vedersela con dei pirati. Sperò che questa visita si sarebbe rivelata più tranquilla.
Aveva calcolato il salto perché la portasse fuori dall’iperspazio ad una certa distanza dal pianeta. Se lei era conoscenza di che cosa cresceva su Ilum, era più che probabile che anche altri lo sapessero. Non era sicura di dove gli appartenenti al Lato Oscuro si procurassero i cristalli, ma sapeva che dovevano farlo da qualche parte, e non aveva intenzione di correre rischi azzardati solo per fare più veloce. Quando uscì nello spazio normale e vide quello che la stava aspettando, fu molto felice di essere stata cauta.
C’erano almeno due Star Destroyer assieme ad una grossa nave mineraria nell’orbita attorno al pianeta. L’Impero doveva sapere di sicuro che ci fosse qualcosa di importante sotto la superficie di quel mondo ghiacciato.
Il pianeta era messo molto peggio di quanto avesse temuto. Prima, sembrava un’enorme palla bianca – caratterizzata da un colore uniforme eccetto per delle macchi luminose dove vi si rifletteva la luce del suo sole. Pareva identico, sia le cime che le parti più basse, anche se per tutta la sua superficie si aprivano scogliere e profondi crepacci che però non erano visibili da così lontano. Ora le faceva quasi male vederlo in quello stato.
Delle grosse zolle del pianeta erano state intagliate via, esponendo la roccia e la lava che ribolliva dal nucleo del pianeta. Senza una vera e propria speranza, Ahsoka scandagliò il sito alla ricerca del solito punto di atterraggio. L’ingresso della scogliera che i Jedi avevano usato per generazioni, la cascata che nascondeva l’ingresso della grotta, era tutto scomparso.
Ahsoka provò un’ondata di rabbia, che fece fatica a mandare via. Avevano avuto il coraggio di invadere Ilum, di rovinare un posto così bello, e per cosa? Per disseminare tutto di roccia e fanghiglia nella speranza di trovare un paio di frammenti di cristallo che nessuno di loro sarebbe stato in grado di vedere? Era uno spreco così terribile a vedersi, e anche un po’ spiazzante. Demolire il terreno su una luna lontana era una cosa. Distruggere un pianeta, pezzo per pezzo, era del tutto differente. L’Impero non aveva alcun criterio, nessun limite, e non portava alcun rispetto per l’ordine della vita nella galassia.
Era quasi sul punto di pianificare un attacco alla nave mineraria, analizzando le debolezze che avrebbe potuto sfruttare in caso fosse stata in grado di superare la difesa degli Star Destroyer, quando si ricordò di non poterlo fare. Raada. Aveva bisogno di tornare a Raada. Non poteva morire, o venire catturata in qualche gesto folle. E sarebbe stato inutile, ricordò a sé stessa, anche se la addolorava pensare di dover lasciare sacrificare Ilum. Nessuno ci viveva, e ai Jedi non sarebbe più servito quel pianeta. Non avrebbe trascorso lì la sua vita, non quando vi erano altri posti più propizi dove farlo e dove vi erano persone che avevano bisogno di lei.
Aveva ancora bisogno dei cristalli, però. E aveva bisogno di uscire dalla portata degli Star Destroyer prima che questi la rivelassero. Volò verso la parte più esterna del sistema, su una roccia nera e senza nome, senza atmosfera e con poca forza di gravità, e si piazzò sulla sua superficie. Spense i motori in modo che la navetta fosse più difficile da individuare e si sedette incrociando le gambe sul pavimento della cabina di guida, la sacca in grembo e la mente alla ricerca di una soluzione.
Non era di buon auspicio il fatto che il suo piano fosse dipanato alla sua prima tappa, ma non doveva concentrarsi su questo ora. Doveva concentrarsi sul da farsi e su come raggiungere Ilum, per prima cosa.
Ora che era più tranquilla, riusciva a percepire il pianeta ghiacciato, anche se si trovava a mezzo sistema di distanza. I cristalli non cantavano più come avevano fatto le volte precedenti che era stata lì. Però, quando era più giovante, li aveva sentiti solamente una volta sbarcata dalla nave. Ora sembrava non esserci proprio più nulla – beh, nulla che fosse destinato ad Ahsoka. Poteva ancora avvertire i cristalli presenti sotto la superficie del pianeta, ma sapeva che nessuno di loro fosse lì per lei.
Allora dove saranno i miei? Pensò. Riuscirò a trovarne altri? Oppure dovrei tornare alla fittizia tomba di Rex e vedere se ci siano ancora le mie vecchie spade laser? Anche se ne dubito. Sono materiali di valore, e le ho lasciate lì in modo che fossero facili da trovare.
Tirò fuori la mappa stellare, proiettando le varie zone che distanziavano il punto dove era parcheggiata ad Ilum. Poi chiuse gli occhi e cercò di raggiungere i cristalli del pianeta. Ne seguì la struttura, ordinata e regolare, alla ricerca di altre fonti similari nella galassia. Sapeva che dovevano esserci altri cristalli da qualche parte. Maestro Yoda non si era mai soffermato troppo sulla questione, ma certamente ne aveva accennato. Dopo tutto, la galassia era davvero molto espansa.
Ad anni luce di distanza, l’avvertì: quella familiare canzone destinata solamente a lei. Scivolò per la mappa stellare con consapevolezza, sperando che, una volta riaperti gli occhi, avrebbe trovato il punto in cui l’attendevano i cristalli.
Li aprì e vide la sua destinazione. Non si trattava di un pianeta, ma di una luna. Raada.

 
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– CAPITOLO 27 –



AHSOKA SCIVOLÒ nell'atmosfera attorno a Raada cercando di rimanere nell’oscurità il più possibile. In base ai piani, si trovava sul lato opposto della luna rispetto a dove si trovava la cittadina ed i campi. Avrebbe dovuto lasciare lì la nave. Ovviamente la stavano aspettando, dopo tutto, e probabilmente avrebbero controllato la zona, cercando un’eventuale segno del suo arrivo. La sua fuga precedente da Raada aveva richiesto troppa fretta per essere furtivi, ma ora aveva bisogno di passare inosservata giusto il tempo di completare la prima parte della sua missione.
Mise tutto quello di cui avrebbe avuto bisogno nella borsa e si assicurò di avere il dispositivo di comunicazione al polso. Esitò quando giunse il momento di prendere il blaster con sé. Se tutto fosse andato secondo i piani, non ne avrebbe avuto bisogno, e non era sicura di quanto sarebbe potuto essere utile contro quel grigio figuro, in ogni caso. Ma qualcun altro sarebbe potuto essere in grado di farne buon uso. Lo fissò al fianco. Non era particolarmente pesante, e non sarebbe stato difficile portarlo ancora per un po’. Poi si diresse verso lo stabilimento.
Corse per un paio di ore, o poco più, prima di scorgere i primi segni di vita. Un piccolo fuoco stava bruciando da qualche parte lì davanti. Chiunque lo avesse acceso doveva aver cercato di nasconderne la luce, ma non era riuscito chiaramente a farlo abbastanza. La fossa in cui scoppiettava il focolare non era abbastanza profonda. Ahsoka non poteva esserne sicura, naturalmente, ma pensò che non poteva essere stato un imperiale ad accenderlo.
Si avvicinò silenziosamente. Presto fu in grado di distinguere una figura, piccola e ricurva sulle fiamme per scaldarsi. La figura si spostò, e Ahsoka notò i folti capelli scuri illuminati dalla luce del fuoco. Era Miara.
Ahsoka si fece più vicina che poteva prima di sussurrare il nome della ragazza. Non voleva spaventarla troppo, ma nel buio così totale non aveva molta scelta.
“Miara,” la chiamò, con il tono più innocuo che potesse. Miara sobbalzò, portando una mano al vecchio blaster che aveva tenuto con sé la notte in cui lei e Ahsoka avevano messo fuori uso i Camminatori.
“È tutto a posto,” la tranquillizzò Ahsoka. “Sono io, Ahsoka.”
“Ahsoka?” Miara non sembrava riuscire a credere ai propri occhi.
Nonostante il colore scuro della pelle, Ahsoka trovò la ragazza pallida, cagionevole ed emaciata. Aveva chiaramente pianto; delle tracce più chiare le rigavano il viso chiazzato di terriccio su ciascuna delle guance. I suoi capelli erano in uno stato disastroso, e aveva le borse sotto gli occhi. Sembrava assolutamente terrorizzata.
“Ahsoka!” esclamò di nuovo, gettandosi tra le sue braccia e versando altre lacrime. “Sei tornata! K-Kaeden diceva che lo avresti fatto. Diceva che saresti tornata.”
“Shhhh, Miara,” cercò di rassicurarla Ahsoka. Aiutò la ragazza a sedersi vicino al misero calore del piccolo fuocherello. “Raccontami che cosa è successo. Che cosa ci fai qui tutta sola?”
Miara versò ancora più lacrime, ma alla fine riuscì a calmarsi. Quando ritrovò la voce, inizio a parlare.
“Stava andando tutto bene,” disse. “Voglio dire, è stato comunque terribile, ma siamo rimasti nascosti, così come ci avevi detto di fare. Solo che poi è arrivata questa terribile creatura, e conosceva il nome di Kaeden. Ha detto che se non fosse uscita, avrebbe fatto saltare in aria l’intera collina fino ad ucciderci.”
Il cuore di Ahsoka sprofondò.
“Quindi è uscita,” continuò Miara. “Il suo braccio era ancora messo male e aveva problemi a camminare, ma è uscita. Avevamo deciso di vedere se potevamo organizzare un contrattacco nel mentre lei lo distraeva, ma non ha funzionato.”
“Che cosa è accaduto?” domandò nuovamente Ahsoka, incoraggiando la ragazza a parlare.
“Volevo andare anche io con lei,” rivelò lei. “So che era stupido, ma non volevo che ci separassimo ancora. Kaeden non voleva che andassi con lei, e in qualche modo lo ha fatto capire a Neera, la quale mi ha sparato con un dardo stordente. Sono stata incosciente per quasi tutto lo svolgimento, e quando mi sono svegliata…”
Si interruppe, con l’orrore puro riflesso nello sguardo.
“Sono tutti morti, Ahsoka.” Proseguì Miara. “Tutti loro. Neera, e gli altri. Kolvin – lui, è stato reciso a metà. È stata la cosa peggiore che abbia mai visto, e non c’era nemmeno tanto sangue.”
Ahsoka cinse le spalle di Miara con un braccio e la tenne stretta. Era esattamente ciò che aveva temuto. La grigia figura doveva aver usare i blaster dei suoi amici contro loro stessi, ri-orientando i colpi. Lo aveva fatto anche lei, anche se aveva sempre preferito ri-direzionarli in modo che andassero in una qualche altra direzione piuttosto che contro chi li aveva sparati. E Kolvin doveva essere morto per mano della spada laser della creatura.
Si prese un momento per elaborare il dolore. Avrebbe potuto impedirlo, se fosse rimasta, o forse la sua presenza avrebbe solamente reso le cose peggiore. Non c’era modo per dirlo, quindi non vi era ragione per soffermarsi su quel pensiero. Ad Ahsoka non piaceva quella freddezza, il lato privo di compassione della sua formazione, ma ne avrebbe avuto ancora bisogno se era intenzionata a portare a termine la sua missione.
Affianco a lei, Miara si dondolava avanti e indietro. Era così spaventata e preoccupata, che Ahsoka non sapeva se avrebbe dovuto chiederle se avesse potuto fare qualcosa. Forse avrebbe dovuto lasciarla lì e tornare dopo, se avesse potuto, una volta portato a termine ciò che era andata lì a fare. Respinse quell’idea immediatamente. Non poteva lasciare Miara lì da sola. Lo doveva a Kaeden, e anche a Miara. Avrebbe provato a vedere se sarebbe riuscita a sgattaiolare assieme a Miara fino da Selda. Il vecchio togruta sarebbe almeno stato in gradi di nutrirla, e avrebbero potuto aspettare assieme.
“Miara,” disse Ahsoka. “Ho bisogno del tuo aiuto per riuscire a salvare tua sorella.”
Miara alzò lo sguardo, sconvolta. “Ci andrai davvero?” chiese.
“È per questo che sono tornata,” confermò Ahsoka. “Pensi di riuscire ad aiutarmi?”
“Sì,” disse Miara. “Per Kaeden, ti aiuterò.”
“Ho bisogno di spegnere il fuoco e che tu rimanga sveglia nel mentre medito,” direzionò Ahsoka. “Sarò senza difese, e avrò bisogno che tu mi avverta nel caso qualcosa dovesse avvicinarsi. Puoi farlo?”
Miara Annuì e cominciò a spegnere le fiamme. Si sarebbe riuscita a scaldare con la luce del giorno che stava già iniziando a spuntare, così la ragazza non avrebbe patito il freddo troppo a lungo. Ahsoka non aveva un mantello da prestarle. Si rese conto anche di non avere idea di che fine avesse fatto il suo cappuccio. Forse ne avrebbe chiesto uno nuovo e più bello al suo nuovo amico, il senatore.
“Concentrati, Ahsoka,” si disse.
“Cosa?” chiese Miara.
“Niente,” si affrettò a rispondere Ahsoka. “Siediti qui. Sei pronta?”
Miara annuì e si sedette con la schiena dritta.
Ahsoka chiuse gli occhi.
La prima volta, su Ilum, non era stata in grado di trovare il suo cristallo fino a quando non si era decisa ad affidarsi alle istruzioni del Maestro Yoda. Dopo quello che era successo sul suo pianeta natale quando era piccola, dalla posizione di schiava a quella di Jedi, non era stato facile abituarsi a fidarsi di qualcuno, anche quando i suoi sensi le suggerivano che non vi fosse nulla di cui preoccuparsi. Il ricordo degli abitanti del villaggio, quando si era rifiutata di dare dimostrazione dei suoi poteri al falso Jedi, il bruciore per la vergogna di non essere riuscita a spiegare agli anziani del pericolo che avvertiva, continuava ad accompagnarla.
Ma si era lasciata andare, in quella grotta. Aveva deciso di fidarsi di Yoda, e questo l’aveva condotta fino al cristallo. Da quel momento, le fu più semplice fidarsi, perché aveva imparato che poteva fidarsi del proprio istinto. Era anche tornata una seconda volta su Ilum, tempo dopo, per un secondo cristallo.
In quel momento, il suo istinto le diceva che i nuovi cristalli volessero qualcosa in cambio, prima di lasciarsi trovare. E pensò di sapere di che cosa si trattasse.
Le differenze tra la ribellione organizzata di Bail e la sua operazione su Raada erano cose completamente differenti. Lui non stava avendo più successo perché era migliore, ma perché aveva più materiali su cui lavorare. Con le sue risorse, lei sarebbe stato un’alleata ottimale con la sua esperienza in solitaria, anche senza prendere in considerazione le sue capacità. Doveva essere disposta a lavorare con un nuovo sistema, ad accettare un nuovo ordine ed un nuovo scopo comune.
Il suo cuore si strinse. Non avrebbe potuto farlo. Non avrebbe potuto ri-forgiare delle connessioni con persone che l’avrebbero potuta tradire per paura, o perché non avrebbero avuto altra scelta. Non avrebbe potuto affrontare la morte dei suoi amici, di nuovo.
Però, era pronta rischiare. Mentre era stata su Raada, aveva imparato che non c’era scampo a nulla. Anche se non pera più un Jedi, aveva imparato troppo per riuscire a voltare le spalle alle persone bisognose. Le avrebbe aiutate a combattere, e le avrebbe viste morire, e ogni volta il suo cuore si sarebbe indurito un po’ di più.
No. Ci doveva essere un altro modo. Una via di mezzo. In qualche modo, non avrebbe lasciato la galassia andare allo scatafascio, alla mercé dell’Impero, non le avrebbe permesso di lasciarsi influenzare e di cambiare la propria natura. Pensò a cosa fosse andato storto su Raada e che cosa fosse andato storto con Bail, ed in entrambi i casi, le parve di notare una nota comune.
Senza pensarci troppo, sollevò la mano sopra al dispositivo di comunicazione al polso. Era quello. Quello era ciò che avrebbe potuto aiutare la galassia e tenere i suoi amici al sicuro.
Lievemente, ma poi sempre con più decisione mentre il sole cominciò ad irradiare le colline, Ahsoka udì la canzone. Non era come le precedenti, anche se vi erano alcune similitudini. Non dubitò nemmeno per un secondo, però. Quella era la sua canzone, se fosse stata disposta a lottare per essa.
Il sole irruppe completamente sopra l’orizzonte, e Ahsoka Tano era di nuovo sé stessa. “Andiamo, Miara,” disse. “Andiamo a prendere tua sorella.”

 
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– CAPITOLO 28 –



I CAMPI DI RAADA erano rovinati. Anche gli occhi inesperti di Ahsoka poterono constatarlo. Il terreno che un tempo era stato di uno scuro marrone ora era sbiancato in un grigio malsano, e la vita che era solita percepire da esso era stata quasi del tutto prosciugata. Le uniche cosa nei cambi che sembravano essere in buona salute erano gli ettari di piccole piante verdi, la fonte di sì tanta miseria.
“Se ne avremo la possibilità,” sussurrò Ahsoka a Miara, che se ne stava accovacciata accanto a lei, “Ricordami di tornare qui e distruggere tutto questo schifo.”
“Ti aiuterò molto volentieri,” promise Miara. “Sono diventata abbastanza brava a fare esplodere le cose.”
“Andiamo,” la incoraggiò Ahsoka. “Abbiamo bisogno di andarcene di qui prima che abbia inizio il primo turno.”
Miara le aveva detto che gli Imperiali avevano esteso ancora il tempo dei turni. Ora gli agricoltori lavoravano per quasi tutto il tempo in cui c’era la luce del giorno, e c’erano state delle voci che, una volta iniziata la vendemmia, gli imperiali avrebbero portato lì dei proiettori, in modo tale che i coltivatori potessero lavorare anche al buio. Non c’era molto tempo, e non c’era molto dietro cui nascondersi, quindi Miara e Ahsoka corsero lungo il bordo del terreno coltivato, e non appena raggiunsero gli edifici periferici della cittadina, si infilarono in un vicolo.
“Siamo sul lato opposto della città rispetto al composto imperiale,” sussurrò Miara. “Dovremo attraversare l’intero insediamento per arrivare a Kaeden.”
“No lo faremo,” disse Ahsoka. “Andrò solo io. Ho bisogno che tu vada da Selda e che gli dia questo.” Le passò l’ologramma che aveva registrato nel mentre era nell’iperspazio.
“Se non riesci a trovare Selda, cerca Vartan o qualcuno dei capi-squadra. Ma assicurati che sia qualcuno di fiducia!”
“Voglio venire con te!” replicò Miara.
Ahsoka si fermò e le strinse le mani sulle spalle.
“Lo so che lo vuoi,” le disse. “So che faresti qualsiasi cosa per tua sorella in questo momento, ma ho bisogno che tu mi dia ascolto. Posso recuperare tua sorella, ma la mia nave è troppo lontana per usarla per fuggire da Raada. E anche se ce la cavassimo noi te, che cosa ne sarà degli altri?”
Miara fece per protestare, ma si placò. Ahsoka sapeva che doveva aver capito.
“Ho bisogno che tu vada da Selda,” ripeté. “Kaeden ha bisogno che tu vada da Selda. D’accordo?”
“D’accordo,” acconsentì Miara. “Lo farò.”
Ahsoka spinse il sistema ologrammatico nella mano di Miara e poi osservò la ragazza farsi strada lungo la via. Aveva imparato a camminare in modo più quatto dall’ultima volta che Ahsoka l’aveva vista, e appreso come sfruttare al meglio quelle poche coperture che la strada offriva. Ahsoka odiava davvero la guerra.
Lasciò a Miara un po’ di vantaggio, poi scattò nella direzione del composto imperiale. Non badò a sfruttare una qualche copertura, né tentò di nascondere il suo arrivo. Il grigio figuro sapeva che stava arrivando, e sapeva quale fosse il suo obbiettivo. Nascondersi era impossibile, e aveva una sola possibilità.
La sua unica speranza era che l’Impero non avesse una carta nascosta nella manica come invece ce l’aveva lei.
Camminò lungo il centro della strada, i sensi all’erta e pronta a qualsiasi eventualità. Ogni parte di lei ribolliva di energia, pronta all’azione. E non dovette aspettare troppo a lungo.
“Jedi!” una voce dura risuonò per la via. Sembrava provenire da tutte le direzioni. Ahsoka affinò i suoi sensi per trovarne l’effettiva provenienza.
“Avete qualcosa che voglio,” esordì lei. Sarebbe stato più facile se avesse fatto continuare la grigia figura a parlare.
“Povera piccola Kaeden Larte,” disse la creatura. Ahsoka riuscì a restringere la zona in cui ricercare. "Così speranzosa che la sua amica Jedi venisse per lei. Ho dovuto spiegarle che i Jedi non hanno amici. Che non hanno legami di alcun tipo. Sono senza cuore, freddi, e non possono comprendere che cosa sia l’amore."
“Non so chi ti abbia insegnato queste cose riguardo ai Jedi,” ribatté Ahsoka. “Ma sembra che abbia tralasciato alcuni particolari. Dovresti chiedere che ti vengano impartite delle lezioni migliori.”
“Ho anche raccontato a Kaeden che non eri un vero Jedi,” continuò la creatura. Ecco! L’aveva trovato. Ora avrebbe solo dovuto aspettare il momento giusto. “Le ho detto che probabilmente avresti avuto paura di me e che non saresti tornata. Sono felice di essermi sbagliato.”
Lo sentì saltare giù dal tetto del palazzo alle sue spalle e si voltò. Non fu in grado di identificare la specie di appartenenza della persona che aveva davanti. Era più alto di lei, anche se era diventata piuttosto alta negli ultimi anni. Era particolarmente forte, e con l’armatura che indossava sarebbe stato davvero difficile da sconfiggere. Indossava anche un elmetto, con la visiera calata, come se non avesse bisogno di vederla chiaramente nel mentre avrebbero combattuto. Quella era un’altra delle differenze nella loro formazione, pensò Ahsoka. Poteva combattere completamente ciecato, se ce ne sarebbe stato bisogno, anche se forse senza vista e senza spade laser sarebbe stato facile da battere.
Concentrò la sua attenzione al suo petto. Percepì la Forza correre attraverso di sé mentre la spada laser rivendicava la vita. Sentì il suo ronzio, un contrappunto scuro della canzone dei suoi cristalli, ormai vicina. Ahsoka schiarì la mentre allontanandosi da tutte le distrazioni.
La creatura entrò in azione, e Ahsoka schivò il colpo appena in tempo. Lesse i suoi pensieri attraverso la Forza che li connetteva, e rintracciò il movimento delle spalle, dei gomiti e dei polsi, e li spinse via in modo che mancasse il suo obbiettivo. Furioso, lui raddoppiò i suoi sforzi, riuscendo a colpirla alla testa e al torace.
Ciò che mancava alla creatura era la finezza, che compensava con la forza bruta. Spinse Ahsoka indietro, verso una linea di case, e lei lo lasciò fare, ancora cercando di testarlo come combattente. Quando raggiunse il muro della casa dietro di lei, saltò via, usando la Forza per spingersi al di sopra dell’avversario, superandolo. Evitò facilmente l’oscillazione frenetica della spada laser di lui, mentre gli volava sopra, poi atterrò in ginocchio sul lato opposto, pronta a continuare.
“Impressionante,” commentò la creatura.
“Ti impressioni proprio per poco,” rispose lei. “Mi sto solo riscaldando.”
Avvertì altre persone alle sue spalle e si rese conto che qualche membro del composto imperiale fosse uscito a vedere che cosa stesse succedendo. Le pareti erano rivestite di assaltatori, tutti con i blaster puntati contro di lei. Almeno non sembrava che avessero mandato altri rinforzi sa quando se ne era andata. Si lanciò in una strada laterale, fuori dalla loro linea di fuoco, e il grigio figuro la seguì.
Lui sollevò la spada laser, le cui lame iniziò a roteare. Un effetto molto interessante – un circolo mortale di luce al posto della lama – ma Ahsoka non si lasciò intimidire. L’intera strategia della creatura consisteva nel sopraffare l’avversario. Lei aveva altre opzioni.
“Che cosa sei?” gli domandò. “Chi ti ha reso così?”
“Io servo l’Impero,” disse la creatura.
“Hai di certo un senso teatrale,” commentò Ahsoka.
Cercò di focalizzarsi nuovamente su di lui, questa volta alla ricerca del movimento delle sue mani e delle sue dita, del suo equilibrio che reggeva i fianchi e le ginocchia. Sentì qualcosa risvegliarsi in sé, ogni lezione di combattimento che avesse ricevuto da Anakin. Ricordò come rimanere in piedi, e di come tenere ferme in mano delle lame. Spinse le dita contro il suo avversario, spingendolo via e facendogli perdere l’equilibrio. Se lo ricordò, e niente avrebbe potuto farglielo dimenticare. Il figuro barcollò indietro, sorpreso dell’effetto che aveva il potere di lei su di lui.
“Ho senso per il potere,” disse. “E non ne possiedi abbastanza per resistere ancora a lungo, disarmata come sei.”
Era quello il punto che sbagliava. Lei non era disarmata. Nessun Jedi lo era mai.
La creatura fece un passo verso di lei, abbastanza vicino da poterlo toccare. La sua spada laser roteava in circolo, ma era vulnerabile sul lato in cui non voltava la lama. Proprio come aveva fatto per raggiungere il suo primo cristallo tanti anni prima, Ahsoka allungò la mano.
Percependo il suo intendo solo all’ultimo istante, l’Inquisitore provò ad allontanare la sua arma e ad azionare la seconda lama, ma la prima girava troppo in fretta per farlo. La mano di Ahsoka atterrò quasi delicatamente sul cilindro metallico della presa, e la Forza era con lei. L’elsa si incrinò al suo tocco.
Un sibilo tagliente raggiunse le sue orecchie, la canzone tra l’oscurità e la luce dei cristalli lottava alla ricerca di un equilibrio. Si rese conto di aver bisogno di tornare indietro, ancora più lontano. Doveva scalfire la connessione di potere incanalata dai cristalli dentro la loro attuale impugnatura, e che si era sovraccaricata ora. Se non l’avesse disattivata presto, avrebbero provocato un’esplosione.
Prima che potesse anche prendere in considerazione di gridare un avvertimento, la spada laser rossa scoppiò in un fascio di luce. Un lampo luminoso l’accecò, per poi scomparire e lasciare tutto tranquillo. La creatura non l’avrebbe più disturbata.
Giaceva per strada, il volto sfigurato e bruciato, con il guscio della sua spada ancora stretto tra le mani. Se fosse stato in grado di combattere davvero ad occhi chiusi, forse sarebbe riuscito a sopravvivere a quel fascio.
Si chiese chi lo avesse addestrato, e se ce ne fossero altri come lui. Qualcuno aveva visto il potenziale di quella creatura e lo aveva rivolto verso il lato oscuro. Qualcuno lo aveva fatto diventare così. Qualcuno, a quanto ne sapeva Ahsoka, che poteva essere ancora là fuori, e a cui doveva essere impedito di trovare altri bambini, se avrebbe potuto farlo. Si chinò e chiuse il copricapo della creatura, coprendo il suo volto sfregiato. Era l’unica compassione che potesse mostrare. Aveva del lavoro da fare.
In ginocchio accanto al suo nemico caduto, Ahsoka setacciò tra i pezzi distrutti dell’elsa esplosa della spada laser. Quei materiali non erano riusciti a contenere il potere dei cristalli, ma la loro canzone non si era offuscata. Li prese in mano, quasi tremando per quanto le paressero familiari, nel mentre l’altra mano cercava di recuperare le impugnature che aveva assemblato precedentemente e che si era portata dietro.
Quelle spade laser non avrebbero avuto un’elsa elaborata come le sarebbe piaciuto, e sarebbero rimaste così fino a quando non avrebbe avuto il tempo di finirle in modo effettivo. Le mancavano ancora un paio di componenti chiave, parti che sarebbero dovute essere realizzate specificatamente per quei cristalli, ma aveva a disposizione i materiali della spada del suo avversario, davanti a lei. Rapidamente, scandagliò nuovamente quei pezzi, questa volta prestando maggiore attenzione alla composizione interna dell’arma, e sorrise quando trovò quello di cui aveva bisogno. Sarebbe andata bene così, per adesso.
Avvertì gli Imperiali avvicinarsi. Il duello di prima doveva averli fatti esitare, ma ora erano in allerta. Spinse da parte quella sensazione di urgenza, anche se aveva fretta. Riuscì a meditare con abbastanza facilità, come se fosse seduta nella totale sicurezza del Tempio Jedi da sola, invece che in una strada polverosa con dei nemici in avvicinamento. La sua mente si allineò con i componenti pre-assemblati e i pezzi che aveva appena recuperato, prendendo ognuno il proprio posto. Quando Ahsoka aprì le mani, non fu sorpresa di scoprire che vi fossero due spade laser, grezze e non terminate, in attesa.
Avrebbero richiesto un ulteriore lavoro, ma erano sue.
Quando le attivò, brillarono di una purissima luce bianca.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Ahsoka trovò un'altra strada laterale che portava nella direzione giusta per tornare al composto. Era l’unico obbiettivo degli imperiali, adesso. Avrebbe necessitato di tutta la copertura possibile. Nelle sue mani, le spade laser pesavano in modo rassicurante. Il combattimento le aveva restituito la concentrazione che aveva perso. Non aveva neppure il respiro affannoso. Poteva farcela.
Non doveva preoccuparsi di nulla. Non aveva niente a che fare con quelle persone. Saltò, dandosi una spinta contro il muro e atterrò a metà distanza dal composto, con grande sorpresa degli stoormtroopers lì in servizio. Questi cominciarono a sparare, e lei iniziò a farsi velocemente strada verso la porta d’ingresso, deviando con estrema facilità i colpi dei blaster.
Le ci vollero solo alcuni secondi per raggiungere il punto stabilito, con a seguito il rumore delle esplosioni e dei colpi di blaster, e qualche altro secondo per aprire le porte. Una volta nel all’interno, spinse la Forza dietro di sé, scaraventando via tutti quelli che avessero osato seguirla. Davanti a lei vi erano degli agenti in divisa pronti a difendere l’interno del composto. A quanto pareva, tutti gli assaltatori dovevano essere stati fuori. Sperava che fossero tutti troppo occupati per pensare di chiamare dei rinforzi da una Star Destroyer.
Ahsoka si fece strada per i corridoi, sfruttando le spade laser per deviare i colpi e la Forza per respingere i suoi aggressori. Le celle si trovava nella parte posteriore dell’edificio, lo sapeva bene, e voleva sprecare il minor tempo possibile nel raggiungerle.
Infine, arrivò alla zona predisposta per la prigione. C’era un interruttore della porta d’ingresso, che attivò, e tutte le porte delle celle si aprirono. Le controllò tutte, per assicurarsi che non vi fossero dei raggi scudo e poi si diresse nella parte più profonda.
“Kaeden?” gridò. “Ci sei?”

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Nella sua cella, la testa di Kaeden scattò e si mise subito in piedi. Era ancora difficile trovare il giusto equilibrio con il braccio rotto, ma il suono della voce di Ahsoka la incoraggiò. Si fece avanti.
Alcuni prigionieri sfortunati erano usciti dalle loro celle, bloccando la vista di Kaeden lungo il corridoio. Kaeden sentì Ahsoka gridare loro le indicazioni per uscire e per trovare la cantina di Selda il più velocemente possibile, e lei seguì la folla fino a raggiungere la sua amica.
Alla fine, Kaeden si ritrovò faccia a faccia con Ahsoka. Sapeva che i suoi capelli erano un disastro, che era ricoperta di polvere, che la ferita che aveva sulla testa aveva un aspetto terribile, e il suo braccio era ancora legato inutilmente al petto, ma almeno si teneva in piedi. Ahsoka brandiva un paio di spade laser dalla luce bianca, e anche se era la prima volta che Kaeden le vedeva, non riusciva ad immaginarsi Ahsoka senza di esse strette tra le mani. Nonostante le circostanze, sorrise.
“Kaeden!” gridò Ahsoka, e corse per aiutarla a correre più velocemente.
“Ahsoka!” Kaeden sprintò verso di lei, ma si fermò poco dopo per gettare il suo braccio buono intorno alle spalle di Ahsoka. Sapeva che con le spade laser non c’era da scherzare. Riuscì quasi a captare il potere irradiato da Ahsoka. Era stupefacente. “Potrei baciarti.”
Ahsoka si fermò di colpo. Lanciò a Kaeden uno sguardo leggermente confuso.
“Non proprio adesso, voglio dire,” si affrettò a dire Kaeden. Aveva voglia di ridere per la prima volta da settimane, ma pensò che le sarebbe uscita solamente un ghigno isterico. “La mia tempistica è terribile e sei così Jedi. Volevo solo che lo sapessi, nel caso dovessimo morire.”
“Oh,” disse Ahsoka. “D’accordo, grazie.” Fece una pausa. “Ma comunque non moriremo.”
“Se lo dici tu,” accondiscese Kaeden.
Ahsoka disattivò la spada laser che teneva nella mano sinistra e la serrò alla cintura. Tenne comunque pronta quella nella destra. Con il braccio libero, tenne su Kaeden, e insieme si allontanarono dalle carceri.

 
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– CAPITOLO 29 –



“E ADESSO?” DOMANDO' KAEDEN. Si erano allontanati abbastanza dal composto imperiale, ma c'erano ancora assaltatori in giro per tutta la cittadina. "Mi auguro che tu abbia un piano!"
"Certo che ne ho uno," replicò Ahsoka. "Andiamo da Selda, presto."
Attivò il dispositivo di comunicazione che aveva alla cintura e sperò che Bail non fosse impegnato con qualcosa che avrebbe potuto impedirgli un'uscita veloce. Avrebbe avuto bisogno di lui nell'immediato.
Ora che ebbero raggiunto il locale di Selda, Kaeden era quasi del tutto rimasta senza fiato, ma continuò per inerzia. Attraversarono la soglia, e quando gli occhi di Ahsoka si abituarono alla misera luce che illuminava la cantina, vide la piccola forma di Miara balzare verso di loro.
"Kaeden!" esclamò. "Sei viva. Sei viva!"
"Sì, più o meno," rispose Kaeden. Lasciò andare Ahsoka in modo da poter avvolgere con il braccio buono la sorella. "Tu stai bene?"
"Ho avuto un brutto momento dopo che te ne sei andata," disse Miara. "Non potevo rimanere nelle caverne. Non quando..." si interruppe, e Ahsoka capì che stesse pensando a Neera, Kolvin e agli altri. Kaeden strinse la sorella più che poteva e si voltò a guardare Ahsoka.
La ragazza poté udire il rumore dei tanks imperiali avanzare per le strade. Era solo una questione di tempo prima che li trovassero, o che gli imperiali decidessero di distruggere tutto ciò che era presente in quell'orbita.
"Hai detto che hai un piano, Ahsoka?" ricordò Kaeden. "Mi auguro che sia già cominciato."
"Lo è." Selda comparse accanto a loro. Delicatamente, prese su Kaeden e la fece sedere sul bancone del bar. Poi cominciò ad esaminare le sue ferite. "Ahsoka ci ha mandato un messaggio assieme a tua sorella. Vartan è fuori in questo momento, ad organizzare le persone per prepararsi all'evacuazione."
"Evacuazione?" ripeté Kaeden. "Per dove? E come?"
"Con l'aiuto di qualche mio vecchio amico," disse Ahsoka. "Una volta ne avevo molti, di amici. Molti di loro adesso non ci sono più, ma alcuni sono sopravvissuti E me ne so anche fare di nuovi."
"Non ho creduto a nessuna parola detta da... quell'essere, sai," replicò Kaeden. "Ci hai mentito per tenerci al sicuro. Lui ha mentito perché gli piaceva far soffrire gli altri. Posso anche non avere l'esperienza di un Jedi che ha visitato ogni angolo di questa galassia, ma riconosco la differenza."
"Grazie," disse Ahsoka. "E nemmeno io ho visitato ogni angolo della galassia. Anche se ho visto più cose rispetto alla maggioranza delle persone."
"Potete raccontarvi queste cose più tardi," interruppe Selda. "In questo momento dobbiamo assicurarci che i tuoi amici ci trovino prima che lo facciano gli Imperiali."
"Non so se sarò in grado di andare tanto lontano," disse Kaeden. "Mi sento già abbastanza intontita."
"Stavo tenendo questo da parte per una giornata di pioggia," disse Selda. Tirò una siringa fuori da dietro il bancone. Kaeden trasalì, ma poi si ricompose.
"Non piove molto spesso su Raada," fece notare la ragazzina.
"Me ne sono accorto quasi subito," commentò Selda. "Quindi immagino che questo sia un momento buono come un altro. Non guardare, Kaeden."
Kaeden seguì il consiglio, e Selda le fece l'iniezione. La differenza fu immediata.
"L'effetto svanirà presto, o è una cura duratura?" chiese lei mentre Miara l'aiutava a scendere dal bar.
"Un po' entrambe le cose," rispose Selda. "Quindi cerca di non esagerare."
"Cercherò di tenerlo a mente nel mentre scappiamo dagli assaltatori imperiali," disse Kaeden.
Ahsoka inclinò la testa, tese le orecchie, e sorrise.
"Non credo che dovremmo andare troppo lontano." avvisò. "Avanti, andiamo."
Uscirono in strada per ritrovarvi dei gruppi ordinati di persone farsi strada ai bordi della città. Beh, più o meno ordinati. Ad ogni esplosione la gente sobbalzava, e non c'era carenza di persone che urlavano. Ma i contadini erano riusciti a rimanere uniti, seguendo le indicazioni dei loro capi, che a loro volta ricevevano ordini da Vartan. Lui fece loro un cenno con la testa quando li vide, con un'espressione chiaramente sollevata. Ahsoka fu felice di vedere che era tutto a posto.
Il composto imperiale era in fiamme. Guardando al cielo, Ahsoka notò sei o otto A-wing, i combattenti che Bail aveva mandato avanti, che stavano contrastando gli Imperiali. Alcuni dei caccia imperiali erano riusciti ad innalzarsi in volo, quattro A-wing per quanto riuscì a contare Ahsoka, pronti a scontrarsi con loro. Gli altri si rivolsero verso i campi, dove planarono verso il basso per scagliare delle file di fuoco mandando i raccolti in fiamme.
“Voglio imparare a farlo!” commentò Miara, entusiasta.
“Sono sicura che ci sia qualcuno che sarà felice di insegnartelo,” disse Ahsoka, ripensando al successo che aveva Bail nel trovare nuove reclute. Poi si ricordò di stare parlando con una ragazzina di quattordici anni. “Tra qualche anno, magari.”
Un’A-wing venne danneggiato da uno dei caccia imperiali che lo stava inseguendo di filata nel cielo. I suoi motori scoppiettarono, emettendo fuoco e un intenso fumo, ma Ahsoka era sicura di aver visto l’uniforme arancione del pilota lasciare la navetta, e pochi secondo dopo, lo vide scivolare giù sul terreno, confermandolo. Un secondo pilota di un altro A-wing non fu così tanto fortunato. Si scontrò dritto contro il composto imperiale prima di poter effettuare un lancio di fortuna, e l’esplosione scosse il terreno nel mentre correvano.
Il fervore di Miara si affievolì un po’ quando apprese il pericolo, ma sembrava comunque determinata. Ahsoka immaginò che Bail non avrebbe avuto alcun problema nel reclutarla, una volta che sarebbe stata abbastanza grande. Solo perché Ahsoka aveva combattuto una guerra prima dell’età di Miara, non significava che fosse un buon esempio.
Altre navi apparvero nell’orbita più in basso, e per un secondo il cuore di Ahsoka le salì in gola. Poi vide che non potevano essere altre navette imperiali. Era Bail, o comunque dei ribelli che aveva inviato, con abbastanza navi da carico per far evacuare tutti gli abitanti della luna. Si abbassarono giù nel prato, tra la periferia del villaggio e le colline dove gli amici di Ahsoka avevano vissuto per un po’ in clandestinità.
“Continua a farli andare!” gridò Ahsoka a Vartan. Lui annuì e passò gli ordini anche agli altri.
Ahsoka condusse Kaeden, Selda e Miara verso la Tantive IV del Capitano Antilles. Lui era lì, sul fondo della rampa ad aspettarli.
“Non possiamo rimanere a terra ancora per molto,” disse, urlando sopra al suono dei motori. “Altrimenti ci ritroveremo con gli Imperiali alle calcagna.”
“Va bene!” gridò di rimando Ahsoka. “L’evacuazione è già iniziata, e i tuoi A-wing si sono già occupati dei combattenti imperiali.”
Questo le ricordò una cosa. Guardò nella direzione in cui aveva visto una delle navette cadere. “Uno dei tuoi piloti è caduto laggiù,” disse. “Sono sicura che sia riuscito ad attuare l’espulsione in tempo. Puoi riuscire a recuperarlo?”
Antilles annuì per risparmiarsi di gridare nuovamente la risposta e digitò un comando sul suo datapad da polso.
“Fai salire i tuoi amici a bordo,” le disse.
“Aspetterò fino a quando non sarà tutto finito,” ribatté Ahsoka. “Sono l’unica copertura a terra che abbiamo, quindi avrete bisogno di me.”
Kaeden non aveva potuto sentire quello scambio di informazioni, ma in qualche modo aveva capito che Ahsoka stava per fare.
“No!” disse, afferrandole il braccio con la mano buona. “Vieni con noi!”
“Devo rimanere ancora per un po’,” rispose Ahsoka. “Alle volte funziona così, Kaeden. Starò bene. Tu vai con tua sorella.”
Si liberò dalla presa di Kaeden e tornò giù dalla rampa. Lanciò un piccolo sguardo dietro di sé per assicurarsi che Selda avesse convinto le ragazze a salire a bordo e poi rivolse la sua attenzione all’evacuazione.
Tutto sommato, le cose si stavano svolgendo abbastanza bene. C’era un sacco di fuoco, e buona parte dei contadini erano nel panico, ma Vartan era stato in grado di assicurarsi che non cercassero di trasportare troppe cose, e il resto della squadra stava cercando di spostarsi per linee, cercando di mantenere al meglio la calma. Mentre Ahsoka osservava i gruppi più in fondo, nave dopo nave si riempiva, si innalzava e scompariva verso l’orizzonte.
Erano rimaste solamente tre navi, e meno di un centinaio di persone in attesa di salire a bordo, quando gli Imperiali fecero la loro comparsa finale. Tre tank, tutti in condizioni abbastanza buone, tutto considerando, girarono l’angolo e aprirono il fuoco, facendo disperdere le file di profughi.
Ahsoka non aveva molte risorse, ma aveva un paio di spade laser, così le brandì senza neppure pensarci due volte. Corse verso i nemici, cosa che sembrò spaventarli. Era come se si fossero messi in marcia totalmente convinti di essere invulnerabili e quando l’avevano vista caricare contro di loro avevano iniziato ad avere dei seri dubbi a riguardo. Saltò, volando sopra il serbatoio principale dei veicolo da guerra in un grazioso arco con una delle spade puntata in fuori che le permise di tagliare il serbatoio. Questo miste il deposito inutilizzabile. Aprì lo sportello, ne tirò fuori il conducente, e lo lanciò via da parte. Poi usò la sua spada laser per distruggere i pannelli di controllo, facendo bene attenzione a lasciare operativo il pulsante di lancio del cannone principale. Voleva comunque che il tank fosse il più inutilizzabile possibile. Quando fu sicura di aver distrutto gran parte del sistema più velocemente che poteva, premette l’avvio del cannone che fece sovraccaricare il tutto esplodendo proprio nel mentre Ahsoka saltò via al sicuro.
Così come sperava, l’esplosione fu sufficiente a destabilizzare un altro serbatoio nelle vicinanze, causando così un malfunzionamento anche in quello. Il carro corse di fianco a lei, e Ahsoka vi ci balzò sopra, recidendone la canna con la spada. Lo lasciò schiantarsi contro una delle case ai margini della città, fino a quando smise di muoversi.
Ora le rimaneva un ultimo obbiettivo. Vartan era riuscito a far muovere di nuovo i coltivatori, e anche le ultime navi se ne stavano andando. Chiunque fosse alla guida del terzo carro sembrava essere più intelligente degli altri, e mirò direttamente contro Vartan.
“No!” gridò Ahsoka mentre la zolla di terra su cui si trovava Vartan esplodeva in una pioggia di terriccio. Unì le mani sopra la canna del carro, e urlò mentre questa si deformava, portando il serbatoio ad una battuta d’arresto. Saltò via e corse nel punto in cui prima vi era Vartan.
“Andate!” gridò mentre passava tra la gente. “Salite a bordo!”
Si fece strada attraverso la terra ed i detriti. Vartan era vivo, ma era gravemente ferito. Ahsoka mise entrambe le spade laser di nuovo nella sua cintura e se lo issò sopra la spalla. Barcollò un attimo sotto il suo peso, poi usò la Forza per stabilizzarsi. Si unì all’ultimo gruppo di agricoltori mentre si facevano strada verso la nave del Capitano Antilles, per poi seguirli fin su per la rampa.
Antilles la stava aspettando nell’hangar. Kaeden e Miara urlarono non appena videro Varta, e Selda dovette trattenerle.
“Serve una barella medica!” gridò Antilles. “E tirateci fuori di qui.”
Il brusio delle persone lì intorno a lei la travolse non appena Ahsoka appoggiò Vartan sulla barella e lo guardò venire portato via. Sentì la nave decollare, combattendo contro la bassa gravità della luna, fino a quando i motori non si avviarono completamente conducendo via la nave. Vide il fuoco mandare Raada in rovina sotto di loro e sentì lo scambio di emozioni dei contadini, ora rifugiati, che riempivano lo spazio tutt’intorno a lei.
E poi sentì Kaeden; la sua gratitudine ed il suo sollievo per averli salvati. La sua gioia nel vedere sua sorella, e la sua tristezza per l’avere perso la loro casa. Ahsoka mise un braccio intorno alle spalle di Kaeden, memore delle sue ferite, e non poté fare a meno di sorriderle. Ce l’aveva fatta. Non era stato facile, e le cose non erano andate proprio come aveva previsto, ma erano liberi dall’Impero, per un po’, comunque, ed erano al sicuro.
“Sai,” disse Kaeden dopo qualche momento, “Quando sei arrivava per la prima volta su Raada, ho pensato che ti saresti adattata subito. Speravo che saresti rimasta.”
“Non sono mai stata in grado di rimanere molto a lungo da nessuna parte,” rispose Ahsoka. “Mai… prima, mi spostavo un sacco.”
“È una cosa sciocca da pensare,” ammise Kaeden- “L’ho capito subito. Solo che non ho voluto darmi ascolto.”
“Hai ascoltato le tue sensazioni,” disse Ahsoka. Sorrise ricordandosi di un luogo ed un tempo lontano che ormai aveva perso per sempre. “È quello che viene insegnato ai Jedi, sai?”
“Beh, almeno abbiamo qualcosa in comune” commentò Kaeden. Poggiò la testa sulla spalla di Ahsoka per un breve istante e poi si raddrizzò, liberandosi dal suo abbraccio. “E non mi dispiace scoprire quanto sia grande la galassia. Credo di poter gestire la cosa, ora.”
“So che puoi,” confermò Ahsoka.
Rimasero in silenzio per un po’, mentre i rifugiati e l’equipaggio della nave si stringeva intorno a loro.
“Ci vedremo ancora?” domandò Kaeden.
“Pensò che passerà un po’ di tempo, prima che accada,” Ahsoka stava già pensando a che cosa avrebbe fatto poi, la sua mente si mosse rapidamente mentre il ronzio dei motori si intensificava. “Ma come hai detto, la galassia è davvero vasta.”
“Grazie,” ringraziò Kaeden mentre facevano il salto nell’iperspazio.
“Quando vuoi,” rispose Ahsoka.

 
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– CAPITOLO 30 –



QUESTA VOLTA, Ahsoka non irruppe nell’ufficio di Bail prima di sapere se lui non fosse già presente. Aveva rintracciato la sua nave consolare di ritorno da Coruscant. Si era fermato su una luna vicina ed aveva fatto scaricare un paio di casse con un fare per nulla losco. Sembrava tutto molto ordinario, ma Ahsoka, che era atterrata ad una certa distanza e si era poi infiltrata nello spazioporto nel mentre il carico veniva fatto scendere, sapeva bene che cosa stesse avvenendo. Approfittò del fatto che la Tantive III fosse a terra per i rifornimenti per salire a bordo.
Stare a quella distanza dal Nucleo era un grande rischio, ma voleva dimostrare a Bail che era seria e anche grata per tutto quello che era stato disposto a fare per Kaeden e gli altri. Alla fine, sentì la nave decollare e quel piccolo cambiamento che le fece capire che la nave doveva essere entrata nell’iperspazio, e partì alla ricerca del senatore.
Superò la sicurezza della sua porta con abbastanza facilità e scivolò dentro. Così come sulla nave del Capitano Antilles, gli alloggi di Bail sulla Tantive III comprendevano ben più di due stanze. Al momento si trovava nell’anticamera, che era abbastanza grande da contenere due posti a sedere e non molto altro. Udì la voce del senatore provenire dalla seconda camerata, posto in cui doveva lavorare. Si avvicinò alla porta e sentì la fine della conversazione, una serie di parole ripetute dalla voce probabilmente appartenente ad un bambino molto piccolo che non riuscì a distinguere. Non aveva idea di come avesse fatto Bail a capirle – forse anni di pratica all’ascolto di tutte le grida che avvenivano nel Senato Imperiale erano serviti a qualcosa, dopo tutto.
“Lo so, tesoro, ma è più sicuro se ci limitiamo a parlare senza l’uso di video.” Rispose alla fine, facendo seguire una piccola pausa. Ahsoka non riuscì a sentire la risposta. Poi Bail parlò di nuovo. “Di a tua madre che ci rivediamo presto.”
Ci fu un’altra pausa mentre Bail si disconnetteva dalla chiamata. Poi si schiarì la gola. “È avvenuta forse un’altra irruzione da parte di Jedi di cui dovrei fare rapporto?” chiamò.
Ahsoka rise. Era bello sapere che non si poteva ingannare il senatore due volte. Aveva la sensazione di sapere esattamente che cosa avesse sentito, il che le diede un senso di fermezza.
“Vi mostrate vulnerabile per farmi sentire a mio agio, senatore?” domandò Ahsoka, entrando nell’ufficio. Lui le fece segno di sedersi, e lei seguì il consiglio.
“L’intera galassia è a conoscenza del fatto che sia un padre di famiglia, Ahsoka Tano,” disse lui. “L’Impero conta su questo. Pensa che voglia dire che sarò più suscettibile a certi suggerimenti.”
“E questo non ti preoccupa?” chiese Ahsoka.
Bail si strinse nelle spalle e abbassò lo sguardo. Seguire una ribellione non doveva essere facile. “Assomiglia già così tanto a sua madre,” disse.
In qualche modo suonò come se fosse un test. Ahsoka non ne conosceva la risposta, così lasciò perdere. Avrebbero mantenuto dei segreti tra loro, e si sarebbero fidati l’uno dell’altra prima o poi, in ogni caso.
“Volevo parlare con te di quello che stai facendo per contrastare l’Impero,” disse Ahsoka.
“Penso che potremmo parlarne, sì,” confermò Bail. “Il Capitano Antilles ha inviato un resoconto incoraggiante. Solo quindici vittime durante l’evacuazione di Raada – uno dei suoi piloti di A-wing e quattordici sfollati.”
Per poco non sarebbero stati quindi sfollati, ma il personale medico di Antilles era stato in grado di salvare Vartan. Lui e Selda erano alla pari adesso, aveva scherzato il Togruta, con quattro arti recisi per tutti e due, ma almeno erano entrambi vivi. Li aveva lasciati sulla nave del Capitano Antilles con Kaeden e Miara. Erano rimasti tutti impressionati dalle capacità tecnologiche della vera medicina. Il braccio di Kaeden era stato rimesso quasi completamente a nuovo, il che aveva reso Miara libera di aggirarsi per la nave, alla ricerca di qualche pilota di A-wing da infastidire. Quando era saltato fuori che era brava con gli esplosivi, si erano un po’ tutti interessati a lei.
“Sono contenta che sia andato tutto per il meglio,” commentò Ahsoka. “Quando mi sono scontata con quella creatura grigia al mio arrivo, ho avuto come l’impressione che non fosse l’unico del suo genere.”
“Era bravo?” chiese Bail. “Oppure si limitava ad usare una spada tanto per dare spettacolo?”
“Ha ricevuto una sorta d’istruzione,” illustrò Ahsoka. “Si basava principalmente sulla forza bruta. Se confrontato con un Jedi, o qualcuno con il mio stesso livello di formazione, direi che non si può considerare più di tanto una minaccia. L’ho sconfitto senza usare le spade laser. Ma gli altri come lui potrebbero non essere mandati ad affrontare dei Jedi.”
Bail fece un cenno di assenso solenne con la testa. “Faremo tutto il possibile,” decretò. “E Raada?”
“Beh, gli agricoltori non possono tornare indietro,” disse Ahsoka. Si accasciò sullo schienale. Avevano vinto, ma il costo era stato elevato. “Se ci provassero, l’Impero li sterminerebbe senza troppo remore.”
“Potranno sistemarsi su Alderaan, forse,” disse Bail. “Non sono in tanti, e ci sono abbastanza rifugiati in giro per tutta la galassia in questo momento da non attirare l’attenzione.”
“Non vogliono essere ri-locati,” disse Ahsoka. Raddrizzò le spalle. “Vogliono unirsi al progetto.”
Bail prese quell’idea in considerazione. Sapeva che avrebbero fatto comodo delle persone in più, ma c’erano alcuni evidenti aspetti negativi. L’Impero non aveva problemi a sacrificare persone scarsamente addestrate, ma Bail si rifiutava di fare lo stesso.
“Sono coltivatori, Ahsoka,” sottolineò. “Hanno giusto quel minimo di formazione che gli hai fornito tu.”
“Sono pieni di risorse,” ribatté lei. “E comunque, i tuoi ribelli dovranno pur mangiare, no?”
Bail rise.
“Manderò qualcuno a parlare con loro, e vedremo che cosa si può fare,” decise. “Ci sono alcuni pianeti su cui ci farebbe comodo fondare una base agricola, e potremo iniziare ad istruire coloro che saranno interessati a diventare piloti o a far parte della milizia.”
Rimasero seduti in silenzio per un attimo, poi Bail si sporse in avanti.
“Mi hanno detto che le tue nuove spade laser sono di colore bianco,” disse, con una nota di stupore nella voce. “Posso vederle?”
L’ufficio di Bail era un posto abbastanza sicuro, circondato completamente dallo spazio vuoto. Ahsoka si alzò in piedi ed estrasse le sue spade laser dalla cinta. Le attivò, facendo riempire lo studio di Bail di una morbida luce bianca, scintillando contro i finestrini. L’ufficio era molto più piccola di una sala di formazione, essendo a bordo di una nave, ma si esibì comunque in alcune delle mosse basilari per il senatore. Non si sarebbe mai stancata del modo in cui brillavano. Non aveva mai pensato che avrebbe mai sostituito quelle verdi originali, e aveva ancora da finire le impugnature, ma andavano già più che bene.
“Sono stupende, Ahsoka,” disse lui.
Lei le spense, facendo un leggero inchino per poi tornare a sedersi.
“Non ne ho mai viste di bianche prima,” rifletté Bail.
“Prima erano rosse,” spiegò Ahsoka. “Quando le aveva quella creatura, erano rosse. Ma le ho percepite prima di giungere a Raada, e sapevo che erano mie.”
“Hai mutato la loro natura?” chiese lui.
“Le ho ripristinate,” precisò Ahsoka. “Le ho liberate. I cristalli rossi vengono corrotti dal lato oscuro, quando chi li maneggia li piega alla propria volontà. Lo chiamano, sanguinamento del cristallo. Per quello la lama diventa rossa.”
“Me lo stavo giusto chiedendo,” disse Bail. “Ho passato un sacco di tempo con i Jedi, ma non ho mai posto domande su dove provenissero le loro spade laser. In ogni caso, non credo che me lo avrebbero detto.”
“Mi sembrano quasi familiari,” continuò Ahsoka. “Se posso tirare ad indovinare, direi che sono stati saccheggiati da un Tempio Jedi.”
“Questo solleva una possibilità davvero scomoda,” commentò Bail. “Per non parlare di una serie di potenziali pericoli per un Padawan Jedi.”
“Non sono più una Padawan, Senatore, e non è nemmeno più sicuro che sia Ahsoka Tano,” disse lei. “Barriss Offee aveva torto su un sacco di cose. Ha lasciato che la rabbia offuscasse il suo giudizio e ha cercato di giustificare le sue azioni senza tenere conto degli effetti a lungo termine. Aveva paura della guerra e non si fidava delle persone a cui avrebbe dovuto dare ascolto. Ma aveva ragione sulla Repubblica e sugli Jedi. C’era qualcosa che non andava, e siamo stati troppo fermi sulle nostre tradizioni per renderci conto di che cosa si trattasse. Barriss avrebbe dovuto fare qualcosa di diverso. Non avrebbe dovuto cercare di uccidere nessuno, e sicuramente non avrebbe dovuto subirne le conseguenze, ma se le avessimo dato ascolto – realmente ascolto – forse saremmo stati in grado di fermare Palpatine prima che prendesse il potere.”
“Il Cancelliere ha giocato le sue carte davvero molto bene,” disse Bail. Pronunciò la parola cancelliere con un po’ troppo disprezzo, e Ahsoka sapeva che gli dava grande soddisfazione non doverlo chiamare Imperatore quando erano in privato. “Ci ha tenuti tutti così occupati ad inseguire delle ombre da non farci accorgere che quelle ombre fossero reali.”
“Pensavo di aver messo una pietra sopra la faccenda della guerra, ma forse non so propriamente come farlo,” disse Ahsoka. “Ho provato a restarne fuori, ma ho continuato a finire per venirne tirata in mezzo.”
Bail ripensò ad Obi-Wan, seduto da solo in un mondo nell’Orlo Esterno. Il suo sacrificio era stato quello di allontanarsi, per concentrarsi solo sul futuro e non concedere alcun pensiero al presente. Sarebbe stato un modo solitario di vivere, e per quanto tranquillo, Bail non lo invidiava affatto.
“Credo che,” disse con cautela, “che tu ed io siamo destinati a rimanere concentrati sul presente.”
“Che cosa vuoi dire?” indagò Ahsoka.
“In questa battaglia, ci saranno persone come Barriss che restano focalizzate sul passato,” spiegò. “E ci saranno altre persone che si concentreranno fortemente sul futuro. Nessuno di loro è nel torto, non proprio, ma anche se non seguiremo sempre lo stesso percorso, la nostra deve essere una via di mezzo.”
Ahsoka sorrise. “È quello che ho pensato quando stavo cercando di trovare i cristalli per alimentare le mie spade laser,” gli disse. “Non volevo stare da sola, ma non voglio nemmeno venire considerata un generale o una Padawan. Voglio qualcosa che stia nel mezzo; comunque utile, ma diverso rispetto a prima.”
La nave uscì dall’Iperspazio. Erano ancora ad una certa distanza dal pianeta, ma a Bail piaceva osservare il sistema circostante quando stava per fare ritorno a casa.
“Stavo pensando a quello che ho fatto su Raada,” disse Ahsoka. “All’inizio è stata dura, perché nessuno voleva darmi ascolto. Poi mi hai detto che eri consapevole di quello che stava succedendo, ma che non potevi intervenire. E io non riuscivo a capire come poter comunicare con loro. Avevano priorità diverse, e proprio per il fatto che io non sia riuscita a spiegarmi, un sacco di persone hanno perso la vita.”
“Non è stata colpa tua,” la rassicurò Bail.
“Lo so,” disse lei. “Ma mi sento come se un po’ lo fosse.”
Lui annuì. Sospettava di essere anche lui incline ad incolpare sé stesso per gli avvenimenti.
“Poi è successo di nuovo quando hai mandato Chardri Tage e Tamsin sulle mie tracce,” continuò Ahsoka. “Non avevano abbastanza informazioni, e io non conoscevo le loro priorità. Tutto quello che avevo visto era un raggio traente e due sconosciuti con dei blaster.”
“Cherdri non mi perdonerà mai per questa cosa,” ammise Bail. “Ho sbagliato.”
“Ciò che voglio dire è che entrambi questi problemi avrebbero potuto essere evitati se avessimo avuto dei migliori canali di comunicazione,” precisò lei.
Bail sospirò.
“Lo so,” disse. “Tutto quello che sto cercando di costruire è troppo recente e fragile. Non abbiamo la sicurezza che vorrei, conseguentemente finiamo per cadere in degli errori.”
“Credo di potervi aiutare, a questo riguardo,” disse Ahsoka.
“E come?” chiese Bail.
“Durante le Guerre dei Cloni, ho collaborato con un sacco di persone,” spiegò Ahsoka. “Ho combattuto al fianco di cloni, che accettavano di prendere ordini da me nonostante non fossi al loro stesso grado d’esperienza. Ho osservato la politica di una dozzina di mondi diversi. Ho aiutato a formare delle persone che non avevano mai tenuto un blaster in mano in vita loro. Quando ho fatto queste cose, avevo i Jedi ad appoggiarmi, ma credo che potrei fare un lavoro allo stesso modo abbastanza buono con te.”
“Vuoi reclutare delle persone?”
“Non esattamente. Credo che se trovassi delle persone talentuose, di certo cercherei di farle unire alla causa. Vorrei poter trovare delle missioni per le tue reclute. Voglio poter ascoltare ciò di cui la gente ha bisogno, e trovare le persone giuste per fare sì che queste vengano aiutate.”
“Vuoi prendere in consegna le mie reti di intelligence,” constatò lui.
“Chi li gestisce?”
“Nessuno, in realtà,” ammise lui. “Questo costituisce buona parte del problema.”
“Allora è da lì che inizierò,” concluse lei. “Mi puoi cedere una navetta? La mia l’ho perduta.”
“Possiamo modificarne una per te con abbastanza semplicità,” disse lui, con un sorriso stampato sul volto. “Conosco il droide giusto per questo lavoro.”
“Grazie,” disse lei. “È bello avere di nuovo una missione.”
“Credo che alla fine di tutto, il mio debito nei tuoi confronti sarà enorme, ma prego.”
“Diciamo solo che dobbiamo trovare il modo di mantenerci in contatto, invece che tracciarci,” suggerì lei. “Immagino che sarò molto occupata, d’ora in poi.”
“Come potrei chiamarti, se non posso chiamarti Ahsoka?” domandò il senatore. “Avrai bisogno di un nome in codice, per lo meno, in modo da poter trattare con gli altri operatori.”
Guardarono entrambi fuori dal finestrino mentre Alderaan si faceva sempre più grande. Era davvero un bellissimo pianeta, anche se Ahsoka sentiva già la mancanza del frusciare dell’erba di Raada. Alderaan era verde e bluastro, e un buon punto di sosta da una rivolta galattica. Il centro, dove si intersecavano tutte le loro speranze.
“Fulcrum” disse infine. “Puoi chiamarmi Fulcrum.”
“Benvenuta, dunque, nella Ribellione.”

 
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– CAPITOLO 30.5 –



IL GRANDE INQUISITORE se ne stava in piedi nei campi pervasi dal fumo che un tempo erano stati l’orgoglio della rigogliosa luna di Raada. Era tutto sfumato, dalla superficie bruciata, come se non vi ci fosse mai stato niente. Quando lo Star Destroyer Imperiale era arrivato lì per fornire copertura, era già tutto ormai in fiamme e anche l’ultimo dei traditori era riuscito a scappare.
Il Grande Inquisitore smosse con la punta della scarpa una piccola zolla di terreno sradicata. Almeno quella feccia non avrebbe mai più fatto ritorno. L’Impero non avrebbe mostrato loro alcuna pietà, se solo ci avrebbero provato.
I traditori non c’erano più, gli edifici erano crollati, le risorse scomparse, e l’idiota che aveva condotto l’Impero tanto lontano, anche lui se ne era andato. Il Grande Inquisitore aveva ricevuto l’ordine di rintracciare quell’uomo e di vendicare l’Impero, ma il suo talento sarebbe stato necessario altrove.
Il Jedi aveva fatto più di quanto chiunque si sarebbe mai aspettato. Non solo aveva addestrato i traditori a combattere e contribuito alla loro fuga dal carcere – due volte – ma aveva anche avuto la possibilità di richiamare un gran numero di navi in loro soccorso. Il Grande Inquisitore aveva sperato di ricevere l’incarico di rintracciarla, ma era stato già affidato a qualcun altro.
Non era venuto su Raada per seguire le tracce di qualcuno. Era venuto lì per osservare il lavoro di qualcuno. Per sapere di che cosa potesse essere capace se spinto al massimo. Per vedere fino a dove potesse arrivare, per portare a termine i suoi obbiettivi. A dispetto di sé stesso, era rimasto colpito. Non aveva mai raso al suolo un’intera luna, per quanto piccola ed inutile. C’era qualcosa da apprendere da tale tipo di distruzione.
Inoltre, uno dei suoi simili aveva trovato la morte lì. Aveva trovato il suo corpo, sfregiato tanto da essere quasi irriconoscibile, ma il Grande Inquisitore sapeva che cosa cercare. L’altro era stato audace, troppo audace e quanto sembrava. Era andato dietro al Jedi senza alcun remore e ne aveva pagato il prezzo. Il Grande Inquisitore non sarebbe stato temerario allo stesso modo. Avrebbe incanalato il suo odio in modo più utile, in modo più sagace. Anche lui desiderava uccidere i suoi neimici, ma non era stupido. Conosceva il valore di avere un buon piano al quale appoggiarsi.
Si voltò e si diresse di nuovo alla sua nave. Non era sbarcato nessun altro, e nel mentre si faceva strada attraverso il corridoio, i suoi sottoposti si levarono dalla sua strada. Avevano tutti paura di lui, cosa che gli infondeva un forte senso di piacere. Non sapevano esattamente che cosa fosse, solo che era crudele ed implacabile. Era di una razza nuova nella galassia, una fresca arma per muovere le corde del Lato Oscuro. I suoi sottoposti avrebbero seguito ogni suo ordine come se fosse stato l’Imperatore stesso ad impartirglielo. Questo potere lo faceva sentire particolarmente potente.
“Impostare un percorso di ritorno alla base,” dispose. Prese la spada laser dalla fodera che teneva sulla schiena e ne accarezzò il manico arrotondato quasi con affetto. Non era la prima arma che avesse mai brandito, ma era la prima che aveva conquistato per essere il suo nuovo maestro, e gli piaceva molto quella sua struttura e forma.
“E informate Lord Vader che abbiamo trovato delle prove di un altro sopravvissuto.”

 
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