MIARA SISTEMÒ il circuito nel modo più minuzioso possibile. In genere, non era una buona idea lavorare di fretta con gli esplosivi. Inoltre, aveva bisogno di agire con discrezione. Non avrebbe prodotto nulla di buono far saltare in aria la collina, solo per permettere a qualunque cosa ci fosse lì fuori di seguire la provenienza dell’esplosione. Doveva rimanere calma e concentrata per poter avere la mano ferma. Accanto a lei, Kolvin non sembrava essere allo stesso modo paziente. “Smettila,” gli disse, quando l’agitarsi di lui divenne troppo da sopportare. “Si sta avvicinando, Miara,” si giustificò Kolvin. “Lo so, idiota,” commentò la ragazza. “Ma se mi deconcentro, potremmo saltare tutti in aria.” “Giusto,” considerò lui. “Scusa.” “Basta che resti qui da qualche parte, d’accordo?” richiese lei. “Mi stai coprendo la luce.” Lui le diede un altro po’ di spazio, permettendole di tornare a lavorare. Un altro paio di interruttori e sarebbe stato tutto pronto. Per fortuna aveva preventivamente preparato qualcosa, in caso di attacco. Era già tutto quasi pronto. Aveva solo bisogno di collegare le ultime cose per permettere alla sequenza di funzionare. “Ok, Kolvin, torna nel tunnel,” gli consigliò, collegando l’ultimo circuito rimasto. “Mi stai cacciando via?” domandò lui, già in marcia per andarsene. “No,” lo rassicurò lei. “Anche se sono tentata di farlo. Le cose si faranno polverose qui, tutto qui. La maggior parte di questa esplosione si concentrerà sotto terra.” Kolvin strisciò nel tunnel e lei lo seguì. Quando furono entrambi interamente coperti dal soffitto più basso, innescò il detonatore. Ci fu un rombo e un clangore più forte dietro di loro mentre le rocce cadevano verso l’interno. Entrambi iniziarono a tossire. “Andiamo,” disse lei, spingendo il compagno. Le sue settimane di fumo e sporco stavano per ricominciare. Kolvin partì, e lei lo seguì. Pochi secondi dopo, emersero nella caverna principale. Kaeden giocava ancora scarsamente a crokin con Neera, ma si alzò e si avvicinò a loro non appena vide Miara, e iniziò a spazzolarle la schiena e le spalle meglio che poteva con un braccio solo. “Ehy, ehy, falla finita,” disse Miara, anche se a dire il vero, si sentiva meglio sapendo che Kaeden fosse preoccupata per lei. “Scusa,” commentò Kaeden. “Detesto aspettare, anche quando siamo assieme.” “Lo so,” rispose la sorella. Non ne parlavano mai, ma la notte ed il giorno in cui Miara aveva aspettato che Kaeden tornasse era stato il momento peggiore di tutta la vita di Miara. Anche se sapeva che Kaeden non sarebbe stata in grado di tornare prima del calare della notte, ogni minuto di luce sembrava schernirla. Quando aveva sentito la navetta di Ahsoka decollare, aveva quasi rinunciato all’idea di rivedere la sorella e avrebbe voluto correre fuori, sulla collina, e gridare il suo nome, così come aveva fatto Neera. Kolvin era rimasto tutto il tempo seduto con le ginocchia al petto per cercare di stare calmo. Ora che Kaeden era finalmente arrivata lì, con i capelli tutti in disordine e il braccio rotto sorretto dall’altro, erano passate ore da quando Miara si era data per vinta e si era convinta all’idea di doverle dire addio. “Spero che Ahsoka torni,” disse Miara. “Voglio dire, mi piacerebbe che venisse a salvarci di nuovo, ma cosa più importante, vorrei scusarmi con lei.” “Hai proprio delle strane priorità, sorellina,” commentò Kaeden. “Ma credo che anche io dovrei chiederle scusa.” “Sì,” concordò Miara. “Non intendevo davvero darle la colpa di quello che è successo. So che ha cercato di aiutarci al meglio delle sue possibilità.” Non avevano avuto modo di parlare con gli altri, di Vartan o Selda, o di nessun altro degli altri agricoltori che non avevano fatto parte della rivolta. Non sapevano come stessero, ma fare ipotesi a riguardo avrebbe solo peggiorato la loro emotività. Aspettarono. Neera perse interesse per il crokin e si andò a sedere in un angolo, borbottando sottovoce. Il resto degli insorti si era messo a controllare le proprie armi, anche se non era cambiato nulla dall’ultima volta che le avevano usate. Tutto questo per mantenersi distratti mentre aspettavano di vedere se il misterioso individuo sarebbe riuscito a trovarli. Poi, da fuori la grotta, provenne una voce molto forte. “Kaeden Larte! So che sei qui.” Kaeden si voltò di scatto, facendo scattare distrattamente il braccio rotto, che le causò una fitta. Gli occhi di Miara si spalancarono, e tutti nella caverna, Neera compresa, raggelarono. “Vieni fuori, Kaeden Larte,” continuò la voce. “Arrenditi o farò crollare il vostro piccolo nascondiglio, e tua sorella e tutti i tuoi amici moriranno.” Kaeden si alzò in piedi, ma Miara la fermò. “Che cosa fai?” la rimproverò la sorella minore. “Non puoi andare lì fuori.” “Non posso nemmeno rimanere qui!” ribatté Kaeden. “Sapevamo che ci avrebbero trovati in qualche modo, e sapevamo che non era giusto combatterli, nonostante abbiamo deciso di farlo. Il mio nome è l’unico che conoscono, tutto qui.” “Potrebbe farci crollare tutto addosso comunque.” Neera si materializzò lì accanto a loro, il viso completamente fermo e gli occhi azzurri concentrati, per la prima volta dalla morte del fratello. “Ahsoka ha scelto la fuga perché aveva dei problemi con loro, e nessun modo di poter contrattare,” ricordò Kaeden alla sorella. “Vado lì fuori, e tu potrai rimanere ad osservare la vicenda da qui, con gli altri. Magari riuscirai a trovare il modo di segnare un colpo sicuro.” “Sempre che non abbia portato con sé degli amici,” suppose Kolvin. “Kaeden Larte,” riprese la voce. “Inizio ad annoiarmi ad aspettarti.” “Ascoltate, prendete posizione,” disse Kaeden. “Io vado.” “Vengo anch’io,” insistette Miara. “L’hai detto tu stessa. Non dovremmo separarci.” Kaeden si scambiò uno sguardo con Neera, sperando che la ragazza più grande avrebbe capito. Kaeden non poteva vedere la sorella torturata nel modo in cui era successo a lei. Avrebbe sicuramente detto all’interrogatore ciò che voleva sapere. Neera annuì e sollevò il blaster. Era il modello più recente, rubato ad uno Stormtrooper durante l’agguato, e aveva un’opzione di stordimento. Miara non avrebbe mai saputo chi l’avesse colpita. “Dille che mi dispiace,” disse Kaeden, per poi andarsene. Fu difficile strisciare attraverso il tunnel di collegamento, anche se scelse di percorrere quello più breve. Non riusciva a mettere il suo peso sul braccio destro, quindi fu come lasciarsi trascinare dalla polvere. Fantastico, pensò. Non solo sto per essere catturata di nuovo dagli Imperiali, ma sarò anche completamente sudicia quando mi cattureranno. Se dovessero concedermi un ultimo desiderio, credo che richiederò un bagno. Alla fine, la sua lentezza diede agli altri il tempo di mettersi in posizione. Studiò il figuro prima di uscire allo scoperto. Era alto, con le spalle larghe, e di una specie che non aveva mai visto prima. Il suo volto era di un grigio innaturale. C’erano altre marcature, troppo uniformi per essere cicatrici, che percorrevano le guance, il naso ed il mento. Dotavano il suo volto di uno sguardo malvagio, anche se Kaeden immaginò che senza di esse, e senza quei penetranti occhi azzurro come il ghiaccio, non sarebbe stato allo stesso modo intimidatorio. Così com’era, era comunque piuttosto minaccioso. Indossava una divisa grigia, ma non quella tipica da ufficiale. Non c’erano medagliette per segnalarne il rango. Era come se fosse stato progettato per sembrare il più insignificante possibile, tranne per una cosa: brandiva una massiccia spada laser rossa a doppia lama. In un qualche modo, Kaeden trovò il coraggio di continuare a camminare. Incespicò fuori dalla caverna, strizzando gli occhi contro la luce, e giunse fino davanti a lui, in attesa che lui le dicesse cosa l’avrebbe attesa. “Sono Kaeden,” annunciò. “Ora lascia stare i miei amici.” Il grigio figuro rise. Non era un suono particolarmente piacevole. “Ma sono venuti tutti qui fuori a salutarci,” disse, allungando la mano. Kaeden aveva visto Ahsoka usare la forza due volte. La prima, quando aveva scaraventato via i fulminatori degli Imperiali, e la seconda, quando aveva salvato Kaeden sollevandola fino alla finestra e facendola scivolare giù dalla cella della prigione. Questa potenza non era neanche lontanamente simile. Kaeden poté quasi percepire l’innaturalità, la scorrettezza del suo utilizzo. Poi Kolvin corse fuori dalla caverna alla sua sinistra, stringendosi la gola, mentre le ginocchia raschiavano lungo il terreno. “Fermati!” pregò Kaeden. “Mi arrendo, mi arrendo, ma lascialo stare!” Ma il grigio figuro non la stette ad ascoltare. Kolvin si fece visibilmente sempre più debole, mentre la vita se ne andava via da lui, e poi tutto si fece anche peggiore. Le colline attorno a Kaeden lanciarono il fuoco dei blaster, mentre gli amici rimasti cercavano di sparare alla creatura lì in basso. Fecero del loro meglio, e scagliarono dei buoni colpi, ma nemmeno uno riuscì a colpire il bersaglio. Il grigio figuro era molto più potente di loro, e non sembrava avere alcuna pietà. La sua spada laser scattò così velocemente che sembrava essere un anello di luce rossa invece che una lama, deviando tutti i colpi indietro ai mandanti. Kaeden sentì le urla dei suoi amici mentre questi venivano feriti, e poi sentì il silenzio più totale mentre morivano. Quando la situazione si tranquillizzò, si rese conto di essere ancora in piedi e che Kolvin era lì a tenersi il collo di fianco a lei. Aveva smesso di lottare, e quasi tutta brillantezza era svanita dai suoi occhi. Non riusciva a smettere di guardarlo. Ahsoka l’aveva costretta a distogliere lo sguardo la prima volta che avevano ucciso qualcuno davanti a lei, ma ora non riusciva a guardare altrove. “È questo ciò che accade a coloro che fanno resistenza all’Impero,” disse il grigio figuro. Scagliò un ultimo fendente con la spada laser, tagliando Kolvin in due. Kaeden urlò, in attesa di una fontana di sangue, ma entrambe le metà del corpo caddero in modo pulito a terra. La spada laser tornò nelle mani della figura. Si spense e lui la ripose. Kaeden non pensò nemmeno di provare a rubargliela. Non sarebbe riuscita a fare neppure tre passi. “Che cosa sei?” chiese Kaeden, sorpresa di avere ancora un po’ di fiato in gola per poterlo fare. “Sono il futuro,” rispose il grigio figuro. “E l’unico motivo per cui sei ancora viva è che ho bisogno di te per fare in modo che il mio futuro continui.” La afferrò per il braccio buono e la costrinse a camminare davanti a lui. Pensò di provare ad opporre una qualche resistenza, costringendolo ad uccidere anche lei lì, assieme agli altri, in modo da non poter essere sfruttata per attuare i fini di lui. Doveva centrare in un qualche modo con Ahsoka. Era l’unica ragione a cui riuscisse a pensare perché qualcuno volesse sfruttarla. Ahsoka l’aveva già salvata una volta. Doveva volere che lo facesse di nuovo. Se fosse morta oggi, Ahsoka non avrebbe avuto alcun motivo per tornare, e Kaeden sarebbe giaciuta in quel terreno per il resto dei suoi – Miara. Non poteva lasciarla andare. La sorella doveva essere ancora priva di sensi nella grotta, grazie alla rapidità di pensiero di Neera. Neera poteva essere morta, ma aveva salvato Miara, senza nemmeno saperlo. Kaeden avrebbe dovuto vivere un po’ più a lungo, per riuscire a portare quel terribile essere lontano da sua sorella. “Va bene, d’accordo,” si rassegnò, liberandosi il braccio. Faceva male – l’intero corpo le doleva – ma avrebbe potuto farcela. “Posso camminare da sola.” “Eccellente,” acconsentì il grigio figuro. “Vogliamo che tu sia nella tua forma migliore per quando la nostra piccola amica Jedi si presenterà a salvarti.” Rise di nuovo, crudelmente, e spinse Kaeden tra le scapole. Lei inciampò, ma riuscì a non cadere. Tornarono verso la città velocemente, non sapendo quanto tempo ci avrebbe messo Miara a fuoriuscire da dove era. Era dispiaciuta per il fatto che si sarebbe risvegliata scoprendo che le morti dei suoi amici, soprattutto di Neera, ma per lo meno si sarebbe svegliata. Era intelligente, Kaeden lo sapeva. Sarebbe andata da Vartan, o da Selda, o da qualche altra parte, prima di rischiare di fare qualcosa di stupido, come cercare di trarla in salvo. E per quanto riguardava Ahsoka, lei era un Jedi. Aveva combattuto nelle Guerre dei Cloni, e in qualche modo era riuscita a sopravvivere allo spurgo dei Jedi quando l’Impero vi aveva dato inizio. Ciò significava che aveva le risorse per cavarsela e che riusciva a pensare alla svelta. Avrebbe capito subito che doveva essere una trappola. Avrebbe lasciato Kaeden morire, o sarebbe giunta lì pronta per combattere. Kaeden si aggrappò a quell’ultima speranza, come se avesse ambedue le braccia buone, strinse i denti fino a sentire male, e continuò a camminare. |