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[PJO]Percy Jackson e La Cantatrice di Apollo, [TRADUZIONE ITA]The Singer of Apollo

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Percy Jackson - Percy Jackson e la lira di Apollo - Percy Jackson e la cantatrice di Apollo - Percy Jackson inediti - Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Percy Jackson and The singer of Apollo - Guys read: other world - Rick Riordan - Traduzione italiana - Ita - PDF ITA - italiano - Key_Lost_Key - key lost key - 



Edited by Pandora_Key - 16/10/2017, 01:20

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La lira di Apollo - Parte 1/5



So cosa state per chiedere.
“Percy Jackson, come mai ti tieni aggrappato ad uno dei palazzi di Time Square senza pantaloni, rischiando di cadere in una morte sicura?”
Buona domanda. Per questo dobbiamo ringraziare Apollo, dio della musica, degli arcieri, e della poesia – e anche il dio delle missioni stupide.
Questo disastro in particolare è cominciato quando ho regalato al mio migliore amico Grover delle lattine di alluminio per festeggiare il suo compleanno.

Prima dovrei puntualizzare una cosa… sono un semidio. Mio padre, Poseidone, è il Signore del mare, il che suona molto figo, credo, ma vuole dire più che altro una vita rivolta allo scampare dagli attacchi di mostri e fastidiosi dei Greci che sono soliti comparire mentre sei in metropolitana, nel bel mezzo di una lezione di matematica, o addirittura mentre mi sto facendo la doccia. (Lunga storia. Non chiedete.)
Speravo che non sarebbe successo niente se mi fossi preso un giorno libero per divertirmi per il compleanno di Grover, ma ovviamente mi sbagliavo.
Grover e la sua ragazza, Juniper, stavano passando la giornata al Prospect Park di Brooklyn, facendo cose normali del tipo danzare con le ninfe degli alberi del luogo e cantare serenate per gli scoiattoli.
Grover è un satiro. È questa la sua idea di divertimento.
Juniper sembrava star passando il tempo davvero molto bene. Quando Grover si sedette sulla tovaglia assieme a lei, lei si stava intrattenendo con gli spiriti della natura di Long Meadown, i suoi occhi color della clorofilla scintillavano alla luce del sole. Essendo una driade, la vita di Juniper era sempre legata al suo albero a Long Island, ma Grover mi ha spiegato che può fare qualche breve gita lontano da casa se si fosse portata dietro un cospicuo pugno di bacche del suo albero. Non ho avuto il coraggio di chiedere che cosa potrebbe succedere nel caso le bacche venissero accidentalmente spiaccicate.
Comunque sia, siamo stati fuori per un po’, parlando ed essendo felici per il bel tempo. Diedi le lattine a Grover, che non sembrano essere proprio un gran regalo, ma è il suo cibo preferito.
Mangiucchiò felicemente le lattine mentre le ninfe cominciarono a questionare su quali giochi da festa avremmo potuto fare. Grover tirò una benda fuori dalla tasca suggerendo di giocare ad 'Attacca la coda all'umano', il che mi rese un po' nervoso dal momento che ero l'unico essere umano presente.

Poi, senza alcun preavviso, la luce del sole brillò intensamente. L’aria divenne di un caldo insopportabile. A qualche metro di distanza, l’erba sfrigolò in una nuvola di vapore, come se qualcuno la stesse stirando con un’enorme pressa di quelle che si trovano nelle lavanderie a gettoni. Quando il vapore se ne era andato, in piedi di fronte a noi vi era il dio Apollo.
Gli dei possono apparire come vogliono, ma Apollo sembrava sempre prediligere lo stile da ‘sto-solo-andando-ad-un-provino-per-entrare-in-una-boy-band’. Oggi indossava dei Jeans a sigaretta, una camicia bianca e dei vistosi occhiali da sole Ray-ban. I suoi capelli biondi e ondulati brillavano assieme ad essi. Quando sorrise le driadi strillarono e ridacchiarono.
“Oh, no…” mormorò Grover. “Non può essere un buon segno.”
“Percy Jackson,” disse Apollo. “Sono così felice che tu ti stia prendendo una giornata libera. Questo significa che voi due avete il tempo per aiutarmi con un piccolo problema!”
Ovviamente, il problema non era affatto piccolo.
Apollo portò me e Grover lontano dalla festa per parlare in privato. Juniper non voleva che Grover andasse, ma non poteva di certo mettersi a discutere con un dio. Grover promise di ritornare sano e salvo. E spero che fosse una promessa che saremmo riusciti a mantenere.
Quando arrivammo ai limiti del bosco, Apollo si mise dinanzi a noi. “Permettetemi di presentarvi le Chryseae Keledones.”
Il dio schioccò le dita. Dell’altro vapore esplose dal terreno e ne apparsero tre donne d’oro. Quando dico ‘d’oro’, voglio dire che erano letteralmente d’oro. I loro abiti senza maniche erano costituiti da così tanta stoffa d’orata che avrebbero potuto finanziare un bailout. I loro capelli d’oro erano intrecciati e appuntati sulla cima della testa in una classica pettinatura ad alveare. Erano allo stesso tempo belle e terrificanti.
Avevo già visto delle statue viventi – degli automi – prima. Belle o meno, avevano sempre cercato di uccidermi.
“Uh…” feci un passo indietro. “Che cosa hai detto che sono? Krissy Kelly, o qualcosa di simile?”
“Chryseae Keledones,” disse Apollo. “Le Cantatrici D’oro. Sono la mia band di supporto!”
Guardai Grover, chiedendomi se questo non fosse una specie di scherzo.
Grover non stava ridendo. La sua bocca era aperta per lo stupore, come se quelle ragazze d’oro fossero state le più grandi e gustose lattine di alluminio che avesse mai visto. “Non sapevo esistessero davvero!”
Apollo sorrise. “Beh, sono passati un paio di secoli dall’ultima volta che siamo usciti. Se ci si esibisce troppo spesso, si sa, la novità svanisce. Si sono limitate a vivere nel mio tempio a Delfi. Amico, fanno fare faville a quel posto. Ora le uso solo per le occasioni speciali.”
A Grover salirono le lacrime agli occhi. “E le ha tirate fuori per il mio compleanno?”
Apollo rise. “No, sciocchino! Ho un concerto sul monte Olimpo questa sera. Ci si stanno recando tutti! Le nove Muse apriranno il concerto, e io eseguirò un mix tra i miei vecchi pezzi e quelli nuovi. Per questo mi servono le Keledones. La mia carriera da solista è sempre stata grandiosa. Ma la gente si aspetta di sentire alcuni dei miei classici per fare colpo sulle ragazze: ‘Daphne of My Minds’, ‘Stairway to Olympus,’ ‘Sweet Home Atlantis.’ Sarà indimenticabile!”
Ho cercato di non sembrare nauseabondo. Avevo sentito qualche poesia di Apollo prima, e se la sua musica fosse stata brutta almeno la metà in egual modo, quel concerto avrebbe ricevuto più fischi di quanti ne sarebbe in grado di fare Eolo, il dio del vento.
“Grandioso,” dissi a malavoglia. “Allora, qual è il problema?”
Il sorriso di Apollo svanì. “Ascoltate.”
Si girò verso le cantatrici d’oro e alzò le mani come fosse un direttore d’orchestra. Al momento giusto, cantarono in armonia un: “Laaaa!
Fu un unico accordo, ma mi riempì di gioia. Improvvisamente non riuscì a ricordare dove fossi o che cosa stessi facendo. Se le cantatrici d’oro avessero deciso di farmi a pezzi in quel momento, non avrei fatto resistenza, purché continuassero a cantare. Niente aveva più importanza, a parte quel suono.
Poi le ragazze d’oro tornarono silenti. La sensazione passò. I loro volti tornarono di un bellissimo quanto impassibile metallo.
“È stato…” mormorai. “È stato fantastico.”
“Fantastico?” Apollo storse il naso. “Ce ne sono solo tre. La loro armonia suona vuota. Non posso esibirmi in concerto senza il quartetto completo.”
Grover saltellò gioioso. “Sono stupende. Perfette!”
Fui un po’ preoccupato che Juniper potesse sentire, era una tipa abbastanza gelosa.
Apollo incrociò le braccia. “Non sono perfette, Signor Satiro. Ho bisogno di tutte e quattro o il concerto sarò rovinato. Sfortunatamente, la mia quarta Keledon è sparita questa mattina. E non riesco a trovarla da nessuna parte.”
Guardai i tre automi dorati, diritte dietro ad Apollo, in silenzio in attesa di ordini. “Uh… come ha fatto una Keledon a sparire?”
Apollo ondeggiò nuovamente le braccia, e le cantatrici suonarono in tre armonie diverse. Il suono mi fece saltare il cuore in gola. In quel momento, sentii come se non sarei mai più riuscito ad essere felice. Poi, in un attimo, quella sensazione svanì.
“La garanzia è scaduta,” spiegò il dio. “Me le costruì Efesto molto tempo fa, e hanno sempre funzionato bene… fino al giorno dopo che i duemila anni di garanzia non sono scaduti. Poi, ovviamente, WHAM! La quarta ha deciso di andarsene ed è scappata per la città.” Gesticolò in direzione di Manhattan. “Ovviamente ho cercato di contattare Efesto, ma tutto quello che ha detto è stato, ‘Beh, hai la mia Protection Plus Package?‘ E io ero tipo, ‘Non voglio la tua stupida estensione di garanzia!’ E lui si è comportato come se fosse colpa mia che la Keledon si sia rotta, e ha detto che se non avevo comprato il Plus Package, non ho il diritto di avere il servizio veloce, ma – ”
“Whoa, whoa, whoa.” Lo interruppi. Non avevo per niente voglia di infilarmi nel bel mezzo di un litighio tra dei. Era successo già troppe volte. “Quindi, se sai che la tua Keledon si trova in città, perché non puoi semplicemente cercarla da te?”
“Non ho tempo! Devo esercitarmi. Devo scrivere la lista delle esecuzioni e fare il controllo dei suoni! Inoltre, è un lavoro da eroi.”
“Correre per i capricci degli dei,” mormorai.
“Esattamente.” Apollo stese le braccia. “Credo che la Keledon perduta stia girovagando per il Theater District, sembra un buon posto per un’audizione. Le cetre hanno il tipico sogno da star – venire scoperte, fare parte di un musical di Broadway, quel genere di cose. La maggior parte delle volte sono riuscito a mantenere le loro ambizioni sotto controllo. Voglio dire, non posso di certo elevarle al di sopra di me, no? Ma sono sicuro che pensa di diventare la prossima Katy Perry. Voi due dovete trovarla prima che possa causare problemi. E in fretta! Il concerto è questa sera e Manhattan è un’isola enorme.”
Grover giocherellò con il pizzetto. “Quindi… vuoi che la ritroviamo prima del concerto?”
“Pensatelo come ad un favore,” disse Apollo. “Non fatelo per me, ma per tutti i mortali di Manhattan.”
“Oh.” La voce di Grover si fece piccola piccola. “Oh, no…”
“Cosa?” domandai. “Che cosa oh, no?”
Anni prima, Grover aveva creato un legame empatico tra noi (un’altra lunga storia) e potevamo sentire l’uno le emozioni dell’altro. Non era esattamente come leggere la mente, ma riuscì a sentire che era terrorizzato.
“Percy,” disse, “Se quella Keledon inizia a cantare in pubblico, nel bel mezzo del traffico pomeridiano –”
“Creerà una devastazione senza fine,” concluse Apollo. “Potrebbe cantare una canzone d’amore o una ninna nanna, o un verso bellico patriottico, o qualsiasi cosa i mortali potrebbero ascoltare…”
Rabbrividii. Una sola nota delle ragazze d’oro mi aveva gettato nella disperazione, anche se c’era Apollo a controllare il loro potere. Mi immaginai una Keledon mascalzona mettersi a cantare nel bel mezzo della città – facendo addormentare le persone, o facendole innamorare, o addirittura agitarle e farle combattere tra loro.
“Deve essere fermata,” concordai. “Ma perché noi?”
“Voi mi piacete!” sorrise Apollo. “Avete già affrontato le sirene. Questa situazione è completamente diversa. Mettete della cere nelle orecchie. Inoltre, il tuo amico Grover è un satiro. Ha una resistenza naturale alla musica magica. Inoltre può suonare la lira.”
“Quale lira?” chiesi.
Apollo schioccò le dita. Tutt’ad un tratto Grover si ritrovò in mano uno strumento musicale che non avevo mai visto. La base sembrava ricavata da un guscio di tartaruga, il che mi fece rattristire molto per le tartarughe. Due lucidi braccioli in legno sporgevano da un lato, forse delle corna di toro, con una barra nella parte superiore e sette corde che si estendevano dalla bara alla base del guscio. Sembrava una specie di combinazione tra un'arpa, un banjo, e una tartaruga morta.
“Oh!” Grover quasi non lasciò cadere la lira. “Non posso! Questa è la sua –”
“Si,” confermò Apollo allegramente. “Questa è la mia personalissima lira. Ovviamente se la danneggi, ti incenerisco, ma sono sicuro che la tratterai con ogni premura! Sai suonare la lira, non è vero?”
“Um…” Grover strimpellò alcune note che suonarono come un canto funebre.
“Fai pratica,” disse Apollo. “Avrete bisogno della lira magica per catturare la Keledon. Mentre Percy la distrae tu la suoni.”
“Distrarla,” ripetei.
Questa missione sembrava il peggio del peggio. Non riuscivo a capire come un’arpa di guscio di tartaruga avrebbe potuto sconfiggere un automa d’oro, ma Apollo mi diede una pacca sulla spalla che mi fece sentire come se fosse tutto a posto.
“Eccellente!” disse. “Ci vedremo all’Empire State Building al tramonto. Portatemi la Keledon. In un modo o nell’altro persuaderò Efesto ad aggiustarla. Non fate tardi! Non posso fare attendere il mio pubblico. E ricordate, nessun graffio sulla lira.”
Poi il dio del sole e le sue cantatrici d’oro sparirono in una nube.
“Buon compleanno a me,” piagnucolò Grover, ed eseguì una nota stonata sulla lira.
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La lira di Apollo - Parte 2/5


Imboccammo una via secondaria per Time Square. Avevamo immaginato che fosse un buon posto in cui iniziare a cercare. Era nel bel mezzo del Theater District e intrinseca di strambi artisti di strada oltre ai bilioni di turisti, quindi era il posto più propizio perché una diva d’oro attirasse l’attenzione su di sé.
Grover non si era nemmeno preoccupato più di tanto di travestirsi. Sulla sua maglietta bianca c’era scritto: Pan Cosa Vorrebbe Che Facessi? Le punte delle sue piccole corna spuntavano dai suoi ricci capelli. Solitamente indossa dei larghissimi jeans per coprire le sue gambe pelose e specialmente delle scarpe per nascondere gli zoccoli, ma quell’oggi per la fretta rimase una normalissima capra.
Dubitai che avesse qualche importanza. Molti dei mortali non potevano vedere attraverso la Foschia, che nascondeva la presenza dei mostri. Anche senza l’abituale travestimento di Grover, difficilmente le persone si sarebbero avvicinate abbastanza da notare che era un satiro, e anche se fosse avrebbero pensato di aver preso un abbaglio. Questa è New York, dopo tutto.
Mentre ci spingevamo attraverso il vicolo, cercai il luccichio di dell’oro, sperando di individuare quella canaglia di una Keledon, ma la piazza era piena come al solito. Un ragazzo indossava solamente le mutande e una chitarra con sopra delle foto che aveva fatto con dei turisti. C’erano un paio di poliziotti annoiati al termine del vicolo. Tra Broadway e la West FortyNinth, l’intersezione era bloccata da un gruppo di persone che aveva improvvisato uno stage per la strada. Estimatori, biglietterie, e venditori ambulanti che si urlavano l’un l’altro, cercando di attirare l’attenzione. La musica sparava da una dozzina di casse, ma non riuscivo a sentire niente che si avvicinasse ad una canzone magica.
Grover mi diede una pallina di cera calda da infilarmi nelle orecchie se fosse stato necessario. Mi raccomandò di mantenerla morbida, come una gomma da masticare, in modo che fosse più facile utilizzarla.
Urtò il carretto di un venditore di pretzel e barcollò indietro stringendo la lira di Apollo proteggendola.
“Sai come usarla?” domandai. “Voglio dire, che tipo di magia produce?”
Grover spalancò gli occhi. “Non lo sai? Apollo costruì le mura di Troia solo suonando questa lira. Con la musica giusta, può creare praticamente qualsiasi cosa!”
“Come una gabbia per una Keledon?” chiesi.
“Uh… si!”
Non sembrava essere molto fiducioso, e io non ero sicuro di volere che giocasse a Guitar Hero con un banjo di tartaruga divino. Sicuramente, Grover poteva creare qualche magia con il suo flauto. Nei giorni buoni, riusciva a far crescere le piante per far sì che si aggrovigliassero attorno ai suoi nemici. In quelli brutti, riusciva solamente a ricordare le canzoni di Justin Bieber, che non facevano niente a parte causarmi il mal di testa.
Cercai di pensare ad un piano. Desiderai che la mia ragazza, Annabeth, fosse qui. Lei era molto più propensa nell’organizzazione dei piani. Sfortunatamente, si trovava a San Francisco a far visita a suo padre.
Grover mi prese per un braccio. “Là.”
Seguii il suo sguardo. Nel mezzo della piazza, proprio fuori dallo stage, i tecnici correvano in giro, installando luci sulle impalcature, sistemando i microfoni sul palco, e tamponeggiando su degli speakers giganteschi. Probabilmente si stavano preparando per un’anteprima di un musical di Broadway o qualcosa del genere.
Poi la vidi – una ragazza dorata che si faceva strada per la piattaforma. Si arrampicò oltre la barricata della polizia finendo tra i tecnici che la ignorarono completamente, continuando con i loro impegni. Lei lanciò uno sguardo verso Time Square sorridendo, come se stesse già saggiando i suoi futuri applausi. Poi si sistemò al microfono centrale.
“Oh, dei!” esclamò Grover. “Se il sistema del suono è già funzionante…”
Mi spinsi la cera nelle orecchie e corsi verso il palco.

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La lira di Apollo - Parte 3/5



Lottare contro gli automi è già abbastanza brutto. Combatterne uno in mezzo ad una folla di mortali era semplicemente disastroso. Non volevo che i mortali e la sicurezza si preocupassero per il fatto che stessi cercando di catturare la Keledon. Avevo bisogno di un modo per far sfoltire Times Square senza causare una fuga precipitosa.
Come ci lanciammo in mezzo alla folla, afferrai per la spalla il poliziotto più vicino.
“Hey!” gli dissi. “Sta arrivando il Corteo Presidenziale! Dovreste far fare largo per farlo passare!”
Feci cenno alla Settima Avenue. Ovviamente il corteo non c’era davvero, ma feci del mio meglio nel cercare di immaginarmelo.
Vedete, alcuni semidei possono concretamente controllare la foschia. Possono far vedere ad altri quello che vogliono fargli vedere. Io non ero molto portato nel farlo, ma valeva la pena provarci. Le visite presidenziali sono abbastanza frequenti, con il convoglio delle Nazioni Unite nella città e tutto il resto, quindi avevo sperato che il poliziotto ci cascasse.
A quanto sembra funzionò. Guardò verso la mia fila di limousine immaginaria, fece una smorfia di disgusto, e poi disse qualcosa alla radio.
Con la cera nelle orechie, non potei sentire quello che disse, ma tutti gli altri poliziotti della piazza iniziarono a svuotare dei corsi spingendo la gente verso i marciapiedi.
Sfortunatamente, la Keledon aveva già raggiunto il centro del palco.
Distanziavamo circa una ventina di metri da lei quando iniziò a picchiettare sul microfono. Dei BOOM, BOOM, BOOM rimbombarono per tutte le direzioni.
“Grover!” gridai, “Faresti meglio ad iniziare a suonare la lira.”
Se rispose, io non lo sentii. Scattai verso il palco scenico. I tecnici erano troppo indaffarati a discutere con la polizia per cercare di fermarmi. Presi velocità, estraendo la mia pena dalla tasca, e tolsi il tappo. La mia spada, Vortice, si estese, anche se pensai che non mi sarebbe stata di aiuto. Apollo non sarebbe stato molto felice se avessi decapitato la sua cantante di supporto.
Mi trovavo a una decina di metri dalla Keledon quando accaddero un sacco di cose in un solo momento.
La cantante d’oro intonò una nota così potente che riuscii a sentirla nonostante i tappi di cera. La sua voce era così struggentemente triste, madida di nostalgia. Nonostante fosse ovattata dalla cera, mi fece venire la voglia di buttarmi a terra e mettermi a piangere – cosa che fece buona parte delle migliaia di persone per tutta Time Square. Le macchine si fermarono. La polizia e i turisti caddero in ginocchio, piangendo, abbracciandosi l’un l’altro per consolarsi.
Poi iniziai a sentire un suono differente – Grover, che strimpellava freneticamente la lira. Non riuscii esattamente a sentirlo, ma captai la presenza della magia ondeggiarmi nelle orecchie, scuotere il palco sotto i miei piedi. Grazie al legame empatico riuscii a sentire quello che provava Grover. Stava suonando di una barriera, cercando di evocare una gabbia attorno alla Keledon.
Notizia buona: In un certo senso funzionò. Dal palco spuntò un muro di mattoni tra me e la Keledon, isolando il microfono e interrompendo la sua canzone. Notizia cattiva: Con il tempo capii quello che sarebbe successo, dato che non riuscivo a fermarmi. Sbattei dritto contro il muro, che non era proprio compatto, quindi crollai addosso alla Keledon assieme ad un centinaio di mattoni.
I miei occhi si riempirono di lacrime. Il mio naso doleva come se si fosse rotto. Prima che potessi rimettermi in piedi, la Keledon fuoriuscì dalla pila di mattoni e mi risbatté a terra.
Alzò le braccia in segno di trionfo come se l’intera faccenda fosse stata tutta programmata.
Poi cantò. “Ta-daaaaah!”
Non era più amplificata, ma la sua voce risuonò comunque. I mortali smisero di compiangersi e si alzarono in piedi, acclamando e esultando per la Keledon.
“Grover!” esclamai, anche se non ero sicuro che potesse sentirmi. “Suona qualcos’altro!”
Sollevai la spada e mi rimisi in piedi. Attaccai la ragazza d’oro, ma fu come fronteggiarsi con un lampione. Lei semplicemente mi ignorò e si esibì in una canzone.
Mentre mi destreggiavo contro di lei, cercando di spingerla giù dal palco, la temperatura iniziò a salire. La Keledon cantava in greco, ma riuscii a capire alcune delle parole del testo: Apollo, luce del sole, fiamme auree. Era tipo un ode al dio. La sua pelle metallica divenne sempre più calda. Iniziai a sentire odore di bruciato e realizzai che veniva dalla mia maglietta.
Balzai lontano da lei, con i vestiti che emettevano fumo. La cera mi si sciolse fuori dalle orecchie finendo per sentire in modo chiaro il suo canto. In tutto il circondario di Time Square, le persone iniziarono a svenire per il caldo.
Oltre le barricate, Grover suonava selvaggiamente la lira, ma era troppo agitato per riuscire a concentrarsi.
Altri mattoni caddero dal cielo. Uno degli schermi degli speaker sopra il palco si tramutò in un pollo. Ai piedi della Keledon apparve un piatto di enchiladas.
“Non è di aiuto!” Urlai dolorante per il calore. “prova a suonare di gabbie! O di bavagli!”
L’aria era ormai calda come una fornace. Se la Keledon fosse riuscita ad alzare ancora la temperatura, il centro della città sarebbe scoppiato in fiamme. Non potevo permettermi di lasciarle fare di meglio. Quando la Keledon iniziò il verso successivo, mi fiondai contro di lei con la spada sguainata.
Lei si scostò con una velocità sorprendente. La punta della mia spada le mancò il volto per un pelo. Dovevo costringerla a smettere di cantare, e non sembrava esserne felice. Mi folgorò con uno sguardo indignato, poi si focalizzò sulla mia spada. La paura attraversò il suo volto metallico. La maggior parte degli esseri magici sono sufficientemente intelligenti da sapere di dover fare attenzione al bronzo celeste, dal momento che potrebbero finire vaporizzati al solo contatto.
“Arrenditi e non ti farò del male,” le dissi. “Vogliamo solamente riportarti da Apollo.”
Lei distese le braccia. Temetti che si sarebbe rimessa a cantare, ma invece cambiò forma. Le sue braccia si estesero in delle ali pennute d’oro. Il viso si allungò, diventando un becco.
Il suo corpo si ridusse fino a quando non finii per fissare un grassoccio uccello metallico delle dimensioni di una quaglia. Prima che potessi reagire, la Keledon si librò in volo e volò fino alla cima del palazzo più vicino.
Grover incespicò sul palco fino ad arrivare vicino a me.
Per tutta Time Square, i mortali che erano collassati per il caldo stavano cominciando a riprendersi. L’asfalto ancora arroventava. La polizia aveva iniziato a gridare ordini, cercando di evacuare l’area. Nessuno ci prestò attenzione.
Osservai l’uccello dorato spiraleggiare finché non sparì dietro il tabellone pubblicitario della Times Tower. Probabilmente ne avrete già visto un’immagine: quello più alto e stretto con accatastati degli schermi giganti per gli annunci pubblicitari.
Ad essere onesti, non mi sentivo molto bene. Avevo cera calda che mi colava dalle orecchie. Avevo riportato ustioni di secondo grado. La mia faccia sembrava essere stata colpita da un muro di mattoni… perché era effettivamente così. Avevo il sapore metallico del sangue in bocca, e stavo cominciando seriamente ad odiare la musica. E le quaglie.
Mi voltai verso Grover. “Sapevi che poteva trasformarsi in un uccello?”
“Uh, si… Ma me ne ero tipo dimenticato.”
“Grandioso.” Scansai il piatto di enchiladas con un piede.”Puoi provare ad evocare qualcosa di più utile la prossima volta?”
“Scusami,” mormorò. “Mi viene fame quando sono nervoso. Quindi adesso che facciamo?”
Guardai la cima della Times Tower. “La ragazza d’oro ha vinto il primo round. È tempo per il secondo.”

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La lira di Apollo - Parte 4/5




Vi starete chiedendo perché non mi sia messo altra cera nelle orecchie. Per prima cosa, non ne avevo altro. E secondo, la cera che fonde nelle orecchie fa male. E forse parte di me stava pensando: Ehy, sono un semidio. Questa volta sono preparato. Posso affrontare la musica, letteralmente.
Grover mi aveva assicurato che sarebbe riuscito ad accordare bene la lira. Niente più enchiladas o mattoni cadenti dal cielo. Dovevo solo trovare la Keledon, prenderla di sorpresa, e distrarla con… beh, non avevo ancora pensato a quella parte.
Prendemmo l’ascensore per l’ultimo piano fino a risalire l’ultima fila di scale. Avrei tanto voluto saper volare, ma non era in mio potere farlo, e il mio amico pegaso, Blackjack non aveva ancora risposto alla mia richiesta di aiuto. (Era un poco distratto nei tempi primaverili quando era in cerca di qualche bella puledra-pegaso.)
Una volta che fummo in cima, fu semplice trovare la Keledon. Era in forma umana, in piedi sul cornicione del palazzo con le braccia spalancate, serenando Time Square con la sua personale versione di “New York, New York”.
Odiavo quella canzone. Non ho ancora conosciuto nessuno che provenga da New York che non la odi, ma sentirla cantare da lei me la fece odiare ancora di più.
Comunque sia, ci dava le spalle, così avemmo un certo vantaggio. Fui quasi tentato di balzarle alle spalle e spingerla giù, ma era troppo pesante e non ero stato in grado di spostarla neanche prima. Inoltre, si sarebbe probabilmente trasformata nuovamente in un uccello e….
Hmm. Un uccello.
Iniziò a venirmi un’idea. Si, mi vengono delle idee qualche volta.
“Grover,” dissi, “Puoi usare la lira per creare una gabbietta per uccelli? Una molto resistente, fatta di bronzo celeste?”
Si morse le labbra. “Credo di sì, ma gli uccelli non dovrebbero stare in gabbia, Percy. Dovrebbero restare liberi! Dovrebbero volare e –” guardò la Keledon. “Oh, vuoi dire –”
“Già.”
“Ci proverò.”
“Bene,” dissi. “Aspetta solo il mio segnale. Hai ancora la benda per ‘Attacca la coda all’umano’?”
Mi diede il pezzo di stoffa. Feci tornare la spada una penna e riposi il tutto nella tasca dei jeans. Così potevo avere entrambe le mani libere. Strisciai verso la Keledon, che stava cantando il verso finale.
Anche se era affacciata dall’altra parte, la sua musica mi fece provare l’urgente voglia di ballare (e, credetemi, non vorreste mai vedermelo fare.) Mi costrinsi ad andare avanti, ma combattere la sua magia era come farmi strada in mezzo ad una fila di tende molto spesse.
Il mio piano era piuttosto semplice: tapparle la bocca. Si sarebbe tramutata in un uccello e avrebbe provato a scappare. L’avrei afferrata e l’avrei cacciata dentro la gabbietta. Cosa sarebbe potuto andare storto?
All’ultima strofa di ‘New York, New York’, le balzai alle spalle, legandole le gambe intorno alla vita e legandole la fascia sulla bocca come fosse una briglia da cavallo.
Il suo grande finale fu tipo “New Yor–urff!”
“Grover, ora!” gridai.
La Keledon scattò di lato. Ebbi una visione vertiginosa del caos di Time Square – la polizia che cercava di liberare la strada, mettendo in riga i turisti sventolando le braccia come i Radio City Rockettes. Gli schermi pubblicitari erano ripidi, psichedelici, con niente se non un cornicione alle estremità.
La Keledon barcollò all’indietro, agitando e mormorando qualcosa attraverso il bavaglio.
Grover strimpellava disperatamente la lira. Le corde rilasciavano potenti vibrazioni magiche nell’aria, ma la voce di Grover era pervada da insicurezza.
“Um, uccelli!” gorgheggiò. “La, la, la! Uccelli in gabbia! Una gabbia davvero resistente! Uccelli!”
Non avrebbe vinto un Grammy con un testo del genere, e io avrei perso la presa. La Keledon era forte. Ero saltato in groppa ad un Minotauro una volta, e con la ragazza d’oro fu quasi egualmente difficile.
La Keledon si agitava e dimenava cercando di cacciarmi giù. Il dolore mi si propagò lungo la schiena
Urlai, “Grover, sbrigati!” Ma con i denti stretti, le parole che uscirono furono più un “Grr – huh.”
“Uccelli nelle gabbie!” Grover provò con un’altra strofa. “La,la,la, gabbie!”
Incredibilmente, sul cornicione comparve una scintillante gabbietta per uccelli. Io ero troppo occupato per osservarla bene, ma sembrava che Grover avesse fatto un buon lavoro. La gabbia era grande abbastanza per metterci un pappagallo, o una quaglia molto grassa, e le sbarre sembravano essere di… bronzo celeste.
Ora, dovevo solamente riuscire ad infilare la Keledon al suo interno. Sfortunatamente, non voleva cooperare.
Si dimenò ancora più forte, facendomi cadere e finendo per farmi rotolare fino al limite del tetto.
Cercai di non andare nel panico. Purtroppo, non era la prima volta che venivo scaraventato giù da un grattacielo.
Mi sarebbe piaciuto dirvi che feci delle mosse acrobatiche davvero forti; afferrato il bordo del cornicione, e che mi fossi tirato su con una tripla capriola carpiata in aria.
Ma no. Così come sono rimbalzato contro il primo Jumbotron, uno spuntone in metallo in qualche modo si era impigliato alla cintura impedendomi di cadere. Mi diede anche la pacca più forte di tutti i tempi. Poi, come se non bastasse, mi si iniziarono a strappare i pantaloni e io vi scivolai fuori.
Crollai a capofitto verso Time Square, cercando di afferrare selvaggiamente qualcosa per cercare di rallentare la caduta.
Per fortuna, la parte superiore dello schermo sottostante aveva uno scalino, forse per gli addetti alla manutenzione tanto coraggiosi da andarci sopra.
Riuscii ad afferrarlo e ad aggrapparmi. Le mie braccia non ce la facevano quasi più, ma in qualche modo continuai a mantenere la presa. E fu così che finii su uno schermo pubblicitario di Time Square, senza pantaloni.
Per rispondere alla vostra prossima domanda: boxer. Semplici boxer blu. Nessuno smiley. Niente cuori.
Ridete pure tutto il tempo che volete. Sono molto più comodi degli slip.
La Keledon mi sorrise dalla cima del palazzo, circa ad una quindicina di metri sopra di me. Appena sotto di lei, i miei jeans appesi allo puntone metallo, svolazzavano con il vento come se mi stessero salutando. Non riuscivo a vedere Grover. La sua musica si era fermata.
La mia presa si stava indebolendo. La strada era forse a un centinaio e passa di metri da me, che mi avrebbero fatto fare un urlo lunghissimo mentre cadevo verso la morte. Lo schermo luminoso del Jumbotron stava lentamente cuocendo il mio stomaco.
Mentre stavo lì a penzoloni, la Keledon si esibì in una serenata speciale solo per me. Cantò di lasciarsi andare, di non preoccuparmi dei miei guai, di riposare sulla sponda di un fiume. Non ricordo le parole esatte, ma avete capito.
Tutto quello che potevo fare era tenere duro. Non volevo cadere, ma la musica della Keledon mi pervase, smontando la mia decisione. Immaginavo che sarei potuto galleggiare in modo sicuro. Avrei voluto approdare sulle rive di un fiume dalle acque tranquille, dove avrei potuto fare un bel pic-nic rilassante con la mia ragazza.
Annabeth.
Mi ricordai di quando salvai Annabeth dalle Sirene nel Mare dei Mostri. La consolai quando pianse e si sentì distrutta, cercando di raggiungerla a nuoto salvandola da quella che le era sembrata una magnifica isola piena di promesse.
Ora immaginai che lei fosse lì a cercare di trattenermi. Potevo sentire la sua voce dirmi: È un trucco, testa d’alghe! Devi darle contro, o morirai. E se muori, non ti perdonerò mai!
L’incanto della Keledon si ruppe. La furia di Annabeth è molto più spaventosa di qualsiasi mostro, ma non ditele che l’ho detto.
Guardai in alto verso i miei pantaloni, inutilmente appesi lassù. La mia spada era sotto forma di penna dentro la tasca, il che non era il massimo per me. Grover aveva ricominciato a cantare di uccelli, ma non fu molto di aiuto.
Aspetta…
Spazzata via la disperazione, mi venne in mente lo STUPIDO PIANO VERSIONE 2.0
“Hey,” chiamai verso l’alto. “Vieni qui!”
La musica della lira si interruppe. Dalla cima del palazzo comparve la testa di Grover. “Oh, Percy… Io – mi dispiace –”
“Tutto a posto!” cercai di sorridere, usando il mio legame empatico con lui per fargli capire come mi sentivo veramente. Non poteva sapere esattamente che cosa stessi pensando, ma cercai di fare il punto generale: Aveva bisogno di ricominciare. Doveva fare in fretta. Sperai che fosse bravo nella caccia.
“Hai carta e penna?” gli domandai. “vorrei chiederle un autografo prima di morire.”
Grover sbatté gli occhi confuso. “Uh… amico. No. Ma non c’è una penna nella tua tasca dei pantaloni?”
Il migliore. Satiro. Di sempre. Aveva capito il piano appieno.
“Hai ragione!” Guardai la Keledon implorante. “Per favore, un’ultima richiesta? Potresti recuperare la penna dai miei Jeans e firmarmeli? Così potrò morire felice.”
Le statue d’oro non possono arrossire, ma la Keledon sembrò profondamente lusingata. Li raggiunse, recuperò i miei jeans, e ne estrasse la penna.
Trattenni il respiro. Non avevo mai visto Vortice nelle mani di un mostro fin’ora. Se fosse andata male, se avesse capito che fosse un trucco, avrebbe potuto uccidere Grover. Le lame di bronzo celeste funzionavano abbastanza bene con i satiri.
Esaminò la penna come se non ne avesse mai usato una prima.
“Devi togliere il cappuccio,” dissi per aiutarla. Le mie dita avevano iniziato a diventare scivolose.
Lei appoggiò i Jeans sul cornicione, vicino alla gabbietta per uccelli. Aprì la penna e Vortice riprese vita.
Se non fossi stato sul punto di morire, sarebbe stata la cosa più divertente che abbia mai visto. Conoscete quei barattoli giocattolo che sembrano essere barattoli di caramelle e invece quando li aprì balza fuori il serpente?
Fu come vedere una cosa del genere, tranne che al posto del serpente giocattolo c’era mezzo metro di lama.
La spada celestiale prese la completa lunghezza e la Keledon la buttò via, balzando indietro con un urlo non proprio musicale. Si trasformò in un uccello, ma Grover era pronto. Lasciò andare la lira di Apollo e catturò la grassoccia quaglia d’oro con entrambe le mani.
Grover la infilò nella gabbia e ne richiuse la sportella. La Keledon impazzì, starnazzando e dimenandosi, ma non aveva comunque abbastanza spazio per tornare in forma umana, e nella forma di volatile – grazie agli dei – non sembrava poter fare magie con la voce.
“Bel lavoro!” dissi a Grover.
Sembrava preoccupato. “Penso di aver scheggiato la lira di Apollo. E ho imprigionato un uccello. Questo è il compleanno peggiore di sempre.”
“Comunque sia,” gli ricordai, “Io starei per morire qui.”
“Ah!” Grover riprese la lira e suonò velocemente una melodia. Ora che non era in pericolo, e che il mostro era imprigionato, sembrava non avere problemi nell’usare la magia della lira. Tipico. Evocò una corda e poi me la calò.
In qualche modo riuscì a tirarmi su fino in cima, dove collassai.
Sotto di noi, Times Square era nel caos completo. I turisti vagavano completamente storditi. I poliziotti avevano smesso di danzare. Un paio di macchine avevano preso fuoco, e il palco si era si era ridotto in una pila di mattoni e comparti del suono distrutti.
Lungo la Hudson River, il sole stava calando. Tutto quello che volevo fare era lasciarmi cadere sul tetto e gustarmi il fatto di non essere morto. Ma il nostro lavoro non era ancora finito.
“Dobbiamo riportare la Keledon ad Apollo,” dissi.
“Già,” concordò Grover. “Ma, uh… non dovresti prima metterti addosso dei pantaloni?”

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view post Posted on 16/10/2017, 00:20
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La lira di Apollo - Parte 5/5


Apollo ci stava aspettando nell’atrio dell’Empire State Building. Le sue tre cantatrici d’oro sembravano nervose dietro di lui.
Quando ci vice, brillò – letteralmente. Un aura di luce gli apparve intorno alla testa.
“Eccellente!” prese la gabbietta. “La darò ad Efesto perché la ripari, e questa volta non accetterò scuse riguardanti la scadenza di garanzia. Il mio spettacolo inizia tra meno di un’ora!”
“Prego,” dissi.
Apollo riprese la lira da Grover. L’espressione del dio divenne allarmata. “L’hai graffiata.”
Grover piagnucolò. “Lord Apollo –”
“Era l’unico modo per recuperare la Keledon,” Intercedetti. “Inoltre, si può aggiustare. Lo faccia fare ad Efesto. Glielo deve, giusto?”
Per un secondo, pensai che apollo ci avrebbe ridotti in cenere, ma alla fine grugnì e basta. “Suppongo che tu abbia ragione. Beh, avete fatto un buon lavoro! Come ricompensa, siete invitati ad assistere alla mia performance sul Monte Olimpo!”
Io e Grover ci scambiammo un’occhiata. Insultare un dio poteva essere pericoloso, ma l’ultima cosa che volevo era dover ascoltare dell’alta musica.
“Siamo spiacenti,” mentii. “Ci piacerebbe molto, davvero, ma sai, potremmo esplodere o qualcosa del genere se sentissimo la tua divina musica a pieno volume.”
Apollo annuì pensieroso. “Avete ragione. Potrei distrarmi dall’esibizione nel caso voi due esplodeste. Come siete premurosi.” Sorrise. “Beh, allora è tutto. Buon compleanno, Percy!”
“È di Grover il compleanno,” lo corressi, ma Apollo e le sue cantatrici erano già scomparse in un lampo di luce.
“Davvero troppo per un giorno solo,” dissi voltandomi verso Grover.
“Torniamo al Prospect Park?” suggerì lui. “Juniper sarà preoccupata da morire.”
“Già,” concordai. “E io sono affamato.”
Grover annuì entusiasta. “Se facciamo in fretta, possiamo riuscire ad andare a recuperare Juniper e tornare al Campo Mezzosangue giusto in tempo per le canzoni attorno al fuoco. Hanno detto che ci sarà lo s’mores!”
Trasalii. “Niente canzoni attorno al fuoco, per favore. Ma accetterò degli s’mores molto volentieri.”
“D’accordo!” disse Grover.
Gli diedi una pacca sulla spalla. “Andiamo, G-man. Dopo tutto, il tuo compleanno tornerà ad andare bene.”
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